Covid ed Europa, come va fuori dall’Italia?

Germania, Francia e Irlanda: oltre i nostri confini siamo sicuri che vada tutto meglio? Abbiamo raccolto tre voci di altrettanti connazionali trasferiti in pianta stabile a Nizza, Dublino e Berlino

Limitazioni, vaccinazioni, ritorno alla normalità: questi i tre grandi temi di presente e futuro che animano il dibattito (e infiammano gli animi) sull’attuale situazione Covid. Siamo in infodemia, come ha ricordato l’OMS già nelle prime settimane di pandemia:

Infodemia: Circolazione di una quantità eccessiva di informazioni, talvolta non vagliate con accuratezza, che rendono difficile orientarsi su un determinato argomento per la difficoltà di individuare fonti affidabili

Treccani.it

ed è un’infodemia talmente diffusa che è difficile per chiunque orientarsi su cosa stia accadendo già nei nostri confini. Figurarsi oltre. Il rischio è quello di banalizzare l’analisi su quanto sta accadendo in Italia strizzando l’occhio facilmente a una certa esterofilia per cui, valicato il confine, i nostri fratelli europei stiano molto meglio di noi. Le cose stanno davvero meglio in Germania, Francia, Irlanda? Sono tutti succubi di un certo paragone con il Regno Unito e l’Inghilterra che è balzata negli ultimi giorni agli onori della cronaca grazie a una decisa svolta sulla campagna vaccinale che avrebbe il merito di aver messo il virus all’angolo?

Il docente di Antropologia Urbana Giovanni Gugg, 47 anni, una moglie e due splendide bambine di 7 e 3 anni, vive a Nizza dove è assegnista di ricerca al LESC (Laboratoire d’Ethnologie et de Sociologie Comparative) dell’Université Paris-Nanterre. Felice Luca Maglione, napoletano, oltre a essere autore di F-MAG per passione, è Senior Project Manager in Deanta Global, a Dublino. Silvia Parravano, nata tra le montagne abruzzesi e adottata da Napoli dove si è formata in cinese, lavora ora in pianta stabile a Berlino. A loro abbiamo posto nove domande che hanno come leit-motiv il “come va la vita da voi?“.

Quanto si discosta attualmente dalla normalità pre-pandemica la situazione nella città e nello Stato in cui vive?

Gugg (Nizza): “Vivo a Nizza, in Francia, una delle capitali mondiali del turismo, un’attività che nell’ultimo anno si è pressoché azzerata. Da questo punto di vista, dunque, la città è profondamente cambiata: Nizza e la Costa Azzurra sono/erano un crogiolo di nazionalità che si incontravano sulla Promenade des Anglais, nei vicoli del centro storico, nelle avenue dello shopping, specie nel fine settimana, quando dalla Liguria venivano tante famiglie italiane a passare qualche ora di svago. Nel corso di questo primo anno pandemico, in Francia la situazione è mutata secondo le fasi della pandemia e in base ai territori, perché già da maggio 2020, dopo i primi due mesi di confinamento stretto dell’intero Paese, sono stati introdotti i colori per identificare i singoli dipartimenti: verde, giallo e rosso a seconda della gravità della crisi sanitaria e, di conseguenza, con misure restrittive ad hoc. Tranne che per un paio di mesi estivi in cui c’è stata una parvenza di normalità, per il resto abbiamo sempre vissuto delle limitazioni. A Nizza, ad esempio, la mascherina è obbligatoria anche negli spazi aperti fin da agosto, mentre da settembre è vietato assembrarsi in più di 10 (in questo momento è vietato stare in gruppi di più di 6 persone); dalla fine di ottobre la città è in confinamento parziale, per cui sono chiusi ristoranti (tranne quelli da asporto) e musei, mentre dai primi di gennaio abbiamo un coprifuoco notturno dalle 18 alle 6 di mattina. A febbraio sono stati chiusi i centri commerciali e da qualche giorno c’è un lockdown più stretto, anche se, tuttavia, è possibile uscire a tempo indeterminato presentando un’attestazione”.

Maglione (Dublino): “La situazione (rispetto al pre-pandemia) è abbastanza drammatica. Qui molti pub hanno chiuso a marzo 2020 e non hanno mai riaperto (in estate hanno riaperto solo quelli che offrivano anche la possibilita’ di mangiare qualcosa ma, chi conosce i pub inglesi/irlandesi lo sa, i pub che dispongono di una cucina sono pochissimi). Cinema e palestre hanno riaperto in estate per poi chiudere di nuovo il 20 ottobre, quando l’Irlanda ha ricominciato il lockdown (con una breve interruzione di 15 giorni a dicembre). Le attività all’aperto sono possibili e i controlli in strada sono abbastanza laschi se sei a piedi o in bus (diverso per le macchine) e la mascherina all’aperto non è obbligatoria. Molte attività commerciali sono chiuse da tempo e parecchi nella mia bolla (soprattutto chi lavorava nella ristorazione e nell’estetica) hanno perso il lavoro e sono tornati in Italia”.

Parravano (Berlino): “Rispetto al periodo pre-Covid la situazione è molto diversa. Le attività commerciali sono tutte chiuse e si può andare solo tramite appuntamento (uffici burocratici compresi). Per quanto riguarda la ristorazione, aperto solo per il cibo da asporto, tutto ciò perché siamo in lockdown da metà dicembre. Da febbraio abbiamo restrizioni anche per quanto riguarda che tipo di mascherina utilizzare. Se non indossi una KN95, una FPP2 o una chirurgica non puoi andare da nessuna parte”.

Quali sono invece le limitazioni alla vita di tutti i giorni, alla vita sociale, alle uscite con gli amici e alle relazioni interpersonali? La popolazione le recepisce o disattende alle regole? Insomma, come è la situazione in strada?

Gugg (Nizza): “Qui a Nizza la nostra vita sociale si è praticamente fermata; in un anno siamo andati 3 o 4 volte al ristorante, in estate, e un paio di volte abbiamo incontrato amici in casa. Capita più spesso di incontrarci al parco, magari per un pic-nic, ma è comunque una rarità. Personalmente, sono andato una sola volta al cinema, in agosto, e perché si trattava di un film che aspettavo da tempo, di cui avevo letto il libro qualche anno prima, e un paio di volte al teatro, ma all’aperto, su un prato. Quando i musei sono stati aperti ne abbiamo subito approfittato, per cui in determinati mesi abbiamo visitato diverse mostre, quasi a voler recuperare il tempo perduto durante il confinamento. Per quanto riguarda le regole, direi che anche in questo caso bisogna distinguere tra le diverse fasi della pandemia: inizialmente sono state rispettate da tutti, poi gradualmente ci sono stati atti di ribellione, qualcuno anche eclatante, come un ristoratore di Nizza che due mesi ha aperto il suo locale nonostante i divieti e ricevendo un centinaio di clienti, poi tutti multati dalle autorità. Ogni sabato a Nizza c’è una manifestazione “per la libertà” e altri slogan similari (fino a quelli più complottisti “contro la dittatura sanitaria” o “dittatura covidista”), organizzata da cittadini stanchi e da imprenditori in difficoltà per la crisi economica, ma frequentemente cavalcata da organizzazioni politiche estremiste. La mia impressione è che la gran parte degli abitanti di Nizza rispetti quelli che qui si chiamano gesti barriera, ossia le misure di prevenzione (distanziamento fisico, mascherina, colpi di tosse o starnuti nella piega del gomito, gel idroalcolico, eccetera), tuttavia vi è anche una minoranza che si ostina a rivendicare una libertà che, ai miei occhi, non è altro che una forma di menefreghismo ed egoismo. Personalmente, quando mi accorgo che la precauzione è labile, mi ritiro o cambio strada”.

Maglione (Dublino): “Dal 20 Ottobre l’Irlanda ha un livello 5 (equiparabile alla zona rossa italiana) con limitazioni di movimento entro i 5km e, ad oggi, non sono previsti allentamenti prima della buona stagione. Tuttavia, come dicevo, i controlli in strada sono piuttosto blandi e non è raro vedere gruppi di persone che si riuniscono e parlano in strada. La differenza è che lo scorso Aprile lo facevano solo gli irlandesi mentre i continentali erano piu’ spaventati (soprattutto dalla comunicazione che arrivava dai Paesi di origine) mentre adesso un po’ tutti si sono stancati (e dopo quasi 6 mesi di lockdown, direi che è anche una reazione normale). Mercoledì scorso (a San Patrizio, festa nazionale) sono andato a passeggiare su una spiaggia a Sandymount, ed era pieno di persone che passeggiavano o correvano (complice anche una bellissima giornata). Nulla di che, ovviamente, ma dopo mesi di lockdown, in un paese dove nella stagione invernale non puoi fare altro che stare al chiuso, direi che ci sta ampiamente”.

Parravano (Berlino): “Gli assembramenti sono assolutamente vietati sia fuori che in casa, altrimenti si rischiano multe salate! In casa ora c’è un numero limitato di massimo 5 persone… ma questi limiti da dicembre a questa parte variano di continuo, addirittura nel mese di dicembre e gennaio non si potevano avere più di due ospiti in casa. Sulle limitazioni però va fatta anche una considerazione importante, declinata per questo Paese: difficilmente le istituzioni potrebbero insistere per un lockdown ferreo e totale. Le ferite della DDR, quando ancora c’era il muro e Berlino est era ancora socialista sono ancora vive nella memoria di gran parte della popolazione. Per questo la Germania non sarà mai, a mio parere, avvezza alla chiusura totale”.

Con la scuola come sta andando, invece, stando a quanto vede sul posto?

Gugg (Nizza): “Dopo il primo lockdown dell’inverno-primavera 2020, in Francia le scuole sono state gradualmente riaperte fin da maggio. In realtà non erano mai state chiuse del tutto, perché avevano continuato ad accogliere i figli di determinati lavoratori, come gli operatori sanitari o gli impiegati dei supermercati. In ogni caso, le scuole materne ed elementari sono tornate ad essere frequentate da tutti a partire da giugno. A settembre non c’è stato alcun rallentamento o timore: anche in quel caso, nonostante il numero di contagi stesse ricominciando a risalire, il governo francese ha scelto di tenere aperte le scuole. In effetti, qui nessuno ignora che le scuole sono anch’esse luogo di contagio, ma facendo una valutazione tra costi e benefici (abbandono scolastico, difficoltà di apprendimento a distanza, disturbi psico-sociali e così via), almeno per gli scolari più piccoli non si è mai dubitato che le scuole debbano restare aperte. Il discorso è un po’ differente per i ragazzi più grandi, dei collège e dei lycée, dove nei momenti di picco del contagio si è proceduto ad esempio con classi alternate, o delle università, dove le lezioni sono a distanza, ma i laboratori sono in presenza, specie per determinate materie scientifiche”.

Maglione (Dublino):Onestamente non sono molto informato sul tema scuola. So che però la priorità del Governo e’ riaprirle il prima possibile“.

Parravano (Berlino): “Le scuole sono chiuse da metà dicembre, ad eccezione degli asili; è da un mese che stanno invece ricominciando le attività scolastiche in presenza, ma a gruppi e ad orari alternati. Per le famiglie che invece non hanno la possibilità di fare Home-Office o di poter stare in casa con i figli, il Governo ha previsto l’eccezione di farli andare a scuola in presenza durante tutto il periodo di lockdown“.

La porta di Brandeburgo a Berlino (foto: Abdel Rahman)

Come procede la campagna vaccinale? Il popolo sta rispondendo? Ci sono defezioni e problemi organizzativi?

Gugg (Nizza): “La Francia è uno dei Paesi europei partiti con maggior lentezza, per cui le polemiche sono state molto veementi, tuttavia era anche la conseguenza di una scelta politica precisa, di cui il Governo si è assunto la responsabilità: vaccinare innanzitutto le persone più fragili, in particolare gli anziani con difficoltà motorie o di spostamento. Questo ha significato che per i primi tempi tutti i vaccinatori erano impegnati a raggiungere le residenze di tali persone, con l’inevitabile allungamento dei tempi. Una volta terminata quella fase, le vaccinazioni hanno cominciato ad andare sempre più veloce. Qualche giorno fa, ad esempio, sono state vaccinate 500mila persone e l’obiettivo è di arrivare ad una media giornaliera di 7-800mila. Intanto sono stati aperti dei grandi vaccinodrome, come negli stadi Vélodrome di Marsiglia e de France di Parigi. Come detto in precedenza, la risposta è sostanzialmente buona, anche se c’è uno zoccolo duro di antivaccinisti o pandescettici (che hanno avuto il loro culmine con il film complottista Hold-up, un vero e proprio fenomeno della rete, ma senza alcun fondamento) e, soprattutto, sono cresciuti i titubanti del vaccino AstraZeneca dopo la sospensione di alcuni giorni da parte di alcuni governi europei, compreso quello francese (secondo un sondaggio di un paio di giorni fa, il 60% degli intervistati francesi non ha fiducia in quel vaccino)”.

Maglione (Dublino): “L’Irlanda ha vaccinato poco più del 13% della popolazione (più o meno come l’Italia). I problemi organizzativi sono tantissimi (i centri per le vaccinazioni sono stati diramati solo un mesetto fa) e, soprattutto, qui in Irlanda si fa tanto il paragone con lo UK (che in questo momento risulta impietoso). la popolazione risponde anche piuttosto bene, il problema e’ che qui ci sono tanti expat (come me) che non rientrano nei piani di vaccinazione, quindi spero che ad un certo punto ci si possa organizzare privatamente (come parrebbe)“.

Lei si vaccinerà? Ha previsioni di quando ciò potrà accadere?

Parravano (Berlino): “La campagna vaccinale è molto incerta. Io mi vaccinerò, ovviamente solo quando saprò che sarà disponibile anche per le fasce non troppo a rischio! Per ora priorità a chi ne ha più bisogno“.

Gugg (Nizza):Sì, io mi vaccinerò e, anzi, non vedo l’ora. Con mia moglie ci siamo iscritti alle liste del comune di Nizza già alla fine di dicembre 2020 e la previsione per la prima dose è tra maggio-giugno per me e aprile-maggio per mia moglie (che insegna all’università della città, per cui ha una priorità). Ci speriamo molto, perché la prossima estate vorremmo tornare a casa dai nostri genitori, che nel frattempo speriamo verranno vaccinati anch’essi, in provincia di Napoli”.

Maglione (Dublino):Ovviamente mi vaccinerò appena possibile. Credo non prima dell’estate, ma dipende molto da come andrà Aprile che, come in Italia, è un mese decisivo”.

La Promenade des Anglais di Nizza (Di W. M. Connolley – Opera propria, CC BY-SA 3.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=11733)

Come è percepita dal popolo l’azione del Governo del suo Paese in termini di azioni per arginare la pandemia e sostenere l’economia nazionale?

Gugg (Nizza): “Contrariamente a quanto si possa immaginare leggendo la stampa italiana, il Presidente ha un consenso più alto rispetto ai suoi predecessori (almeno gli ultimi due, Hollande e Sarkozy) a questo punto del mandato, sebbene sia sotto il 50%. Questo solo per dire che la politica francese è complessa, difficile da riassumere per chi non la segue con regolarità o tende a fare confronti con altre realtà. La politica francese, in questo momento, si sta preparando alle elezioni presidenziali del 2022, per cui attualmente la situazione è alquanto fluida e le tendenze dei prossimi mesi dipenderanno da come verrà percepita la campagna vaccinale da un lato e il sostegno all’economia dall’altro. Macron lo sa benissimo, per cui sta facendo particolare leva proprio sulle misure economiche, che infatti sono piuttosto apprezzate”.

Maglione (Dublino): Da male a malissimo. Considerate che l’Irlanda ha votato per il rinnovo del Dail Eirenn (la camera bassa del parlamento irlandese) a febbraio del 2020, solo che a febbraio non venne fuori una vera e propria maggioranza. Tant’é che la prima parte della pandemia è stata gestita dal Primo Ministro che era stato più che sconfitto alle urne (Leo Varadkar). Più che altro ho notato, come molti, un cambio profondo della comunicazione tra la prima parte della pandemia e la seconda. Se nella prima parte ho apprezzato molto i toni poco allarmistici (rispetto a quelli che ad esempio mi arrivavano dall’Italia) e soprattutto il tentativo di non reprireme completamente la persona (lo scorso aprile il Lord Mayor invitava le persone a non rimanere in casa tutto il giorno e sfruttare i parchi per una passeggiata), nella seconda parte devo dire che la comunicazione è diventata più aspra e quasi provocatoria. Più di una volta il Governo irlandese non ha rispettato le date decise dal governo stesso (è successo a fine febbraio, di nuovo dopo San Patrizio, e adesso vedremo cosa accadrà dopo Pasqua) sempre con la solita modalità: un paio di settimane prima i numeri cominciano a risalire, l’ex primo ministro (ora vice primo ministro) rilascia interviste dove sostiene che i cittadini non stanno facendo abbastanza e, una settimana prima della data di possibile allentamento, il NPHET (il CTS locale) rilascia una dichiarazione dove sostiene che allentare le restrizioni non è prudente. Dopo un po’ il copione stanca e le persone lo hanno percepito: basta farsi un giro sulel pagine dell’Irish Times o dell’Irish Indepent per vedere che letteralmente non ci sono commenti di persone che difendono questo modus operandi”.

Parravano (Berlino): “Siamo in una fase di oblio e c’è molta delusione per quanto riguarda le misure adottate dal Governo tedesco. Io personalmente mi sento presa in giro, hanno iniziato a parlare di lockdown solo da metà dicembre a metà gennaio e ogni volta continuano a posticipare, arrivando ad oggi (periodo delle vacanze di Pasqua) che ancora non sappiamo come organizzarci e per quanto tempo dovremmo stare con questo parziale lockdown. Il Governo sta dimostrando di non avere un pattern preciso sul come gestire la situazione“.

Ha notizia di sussidi, sostegni e altri incentivi economici varati nel suo Paese per far fronte alla crisi? Alcuni hanno coinvolto anche lei?

Gugg (Nizza):Le misure economico-finanziarie approvate in Francia sono molte e molto imponenti. Tra le tante, un pacchetto di misure economiche del valore complessivo di 45 miliardi di euro, pari a circa il 2% del PIL, per sostenere persone, famiglie e imprese. Quindi la spesa pubblica, già molto alta, è stata rivista al rialzo. Le principali misure riguardano l’accelerazione e l’incremento dell’assicurazione sanitaria per i malati e i familiari che li assistono; l’aumento della spesa per dispositivi sanitari; il supporto in termini di liquidità attraverso la proroga dei versamenti erariali e contributivi per le imprese; il supporto dei salari dei lavoratori occupati ad orario ridotto; il supporto finanziario diretto per le piccole e medie imprese (PMI) e i lavoratori autonomi; la proroga del versamento di canoni di locazione e utenze per le PMI coinvolte. No, io e la mia famiglia non siamo stati coinvolti“.

Maglione (Dublino): L’Irlanda è un Paese sostanzialmente ricco e che, a differenza dell’Italia, aveva tante risorse per fronteggiare la pandemia. Se poi mettiamo che qui il 60/70 percento della forza lavoro lavora in multinazionali o aziende IT (che non sono state molto colpite dal working from home) direi che la situazione non è certo rosea, ma comunque migliore di quella di molti Paesi. In Irlanda ci sono i PUP (un assegno settimanale di qualche centinaio di euro) più l’unemployment payment (che è il normale sussidio di disoccupazione). Fortunatamente non sono stato coinvolto in nessuno dei due. Il problema grosso sarà per il dopo, soprattutto per i pub e per il real estate. Vediamo come evolverà”.

Parravano (Berlino): “Sì, di sussidi ce ne sono e funzionano, ma non coinvolgono me personalmente“.

Come è percepita dalla sua città e dal Paese dove vive l’Italia in relazione al Covid?

Gugg (Nizza): Un anno fa, tra la fine di febbraio e gli inizi di marzo 2020, essere un italiano in Francia è stato piuttosto frustrante perché, avendo notizie dirette dall’Italia, facevamo continuamente appello agli amici francesi di fare attenzione, perché l’epidemia stava arrivando ed era spaventosa. Fino alla metà di marzo 2020, però, la Francia non ha preso quasi nessuna precauzione: ad esempio mantenne il primo turno delle elezioni comunali il 15 marzo, salvo poi chiudersi il 17 marzo in un lockdown durato fino ai primi di maggio. Ricordo, dunque, che inizialmente diversi francesi, anche nella televisione nazionale, irridevano l’atteggiamento melodrammatico degli italiani, salvo poi copiarne le scelte politiche per limitare i contagi. Devo dire, però, che c’erano anche tanti francesi realmente preoccupati ed io stesso sono stato intervistato due volte dalla stampa (dal quotidiano Nice-Matin e dal canale all-news BFMTV) per spiegare cosa stava accadendo in Italia. Nei mesi, naturalmente, tutti hanno capito la gravità della crisi e non mi è mai più capitato di notare irriverenza verso l’Italia, anzi spesso ho ascoltato parole di ammirazione per la serietà con cui gli italiani hanno affrontato l’emergenza: regolarmente vengono trasmessi servizi dall’Italia, sulle strade deserte di Roma e di Napoli (con l’implicito riferimento alla serietà dei suoi abitanti) o sul dramma di Bergamo (e le sconvolgenti immagini dei camion militari pieni di bare)”.

Maglione (Dublino): “Lo scorso febbraio, più di una volta, mi è capitato (in prima persona o indirettamente) di subire un po’ di razzismo. Anche in contesti inaspettati (ad esempio, una mia collega di una nota multinazionale IT non riuscì a lasciare i figli nel nido aziendale perché gli altri genitori, tutti dipendenti di questa nota multinazionale, non volevano che i figli venissero a contatto con degli italiani – anche se la bambina di 2 anni l’Italia non l’aveva mai vista). Adesso l’Italia, come il resto dell’Europa, viene visto sostanzialmente come prima (come dicevo, qui il paragone è piu’ verso il Regno Unito che verso l’Europa)“.

Parravano (Berlino): “In realtà, sentendo vari pareri, mi sembra di percepire che per i tedeschi l’Italia sta facendo un buon lavoro, molto apprezzato. Questo chiaramente senza tralasciare che la situazione sia molto critica ovunque, ed è evidente”.

Il Temple Bar di Dublino (foto di Mark Dalton)

Potendo scegliere – a prescindere da legami familiari e affettivi – avrebbe preferito vivere la pandemia nel suo Paese natale o in quello dove attualmente vive?

Gugg (Nizza):Alla vigilia del primo lockdown io mi trovavo in Italia per lavoro, stavo per cominciare il mio corso di docenza all’università di Napoli, quando ho capito che si stava andando ovunque verso una chiusura generalizzata, comprese le frontiere, per cui sono rapidamente rientrato a Nizza per stare con mia moglie e le mie figlie. Da allora non sono/siamo mai più rientrati in Italia, per cui è da allora che non incontro i miei genitori, i parenti, gli amici. Per quanto possa essere triste, e non c’è dubbio che momenti di nostalgia e preoccupazione ne ho e ne abbiamo vissuti, sono comunque più felice di trovarmi insieme alle mie bambine e a mia moglie. Con il senno di poi, inoltre, preferisco vivere tutto questo in Francia, non solo per una questione burocratica (ho qui la residenza e, dunque, l’assicurazione medica e così via), ma perché le bambine sono andate sempre a scuola e, dunque, hanno avuto la possibilità di vivere una maggiore normalità, anche se in classe devono rispettare comunque strette regole igieniche e, la primogenita, indossare la mascherina per tutta la giornata. Infine, voglio aggiungere che tutto questo è stato sopportabile con relativa tranquillità grazie alla tecnologia contemporanea: anche solo 10 anni fa non sarebbe stato possibile per me continuare a lavorare da un altro Paese come docente dell’università di Napoli o incontrare tutti i giorni in videoconferenza i miei familiari”.

Maglione (Dublino): Probabilmente avrei preferito vivere la prima parte, come ho fatto, qui in Irlanda, perchè come dicevo la comunicazione era meno allarmistica e anche ad aprile o maggio sostanzialmente potevo uscire di casa e vedere degli amici al parco per una chiacchierata. Mentre probabilmente avrei preferito vivere questa seconda parte in Italia, dove almeno ogni tanto si è presa una boccata d’aria”.

Parravano (Berlino): “Sono assolutamente felice di vivere la pandemia qui nella capitale tedesca. Vero che è un clima pesante per tutti ma i servizi ci sono sempre, nonostante il caos in generale. Riesco comunque a sbrigare faccende burocratiche o lavorative seppur con un po’ più di lentezza e difficoltà”.

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