Editoria 4.0, la sfida verso l’informazione digitale
"Ritengo che debbano accedere al Progetto Transizione 4.0 anche le imprese editoriali, per l'attività di digitalizzazione, la riduzione dei costi di produzione e distribuzione, favorire l'innovazione": lo sostiene Moles, per una spinta all'evoluzione digitale dell'editoria
Digitalizzare l’informazione e il comparto dell’editoria. È uno dei punti fondamentali che deve inseguire l’Italia per diventare un Paese effettivamente pronto al mondo 4.0. In un mondo digitale, l’editoria italiana ha faticato a tenere il passo. Un problema per la buona informazione, e quindi per la democrazia. Un problema anche per le imprese editoriali che pagano lo scotto economico di una mancata evoluzione. Problemi di cui è consapevole anche il Governo ed si dice determinato ad intervenire.
Editoria, il piano verso il futuro
La volontà dell’Esecutivo emerge dall’audizione sul Recovery plan convocata dalla commissione Cultura della Camera a cui ha partecipato il sottesegretario alla presidenza del Consiglio con delega all’Editoria Giuseppe Moles. «Ritengo che debbano accedere al Progetto Transizione 4.0 anche le imprese editoriali, per l’attività di digitalizzazione, la riduzione dei costi di produzione e distribuzione, favorire l’innovazione e il ricambio generazionale e incrementare la rete di distribuzione». E non solo le imprese editoriali. Tutto il comparto deve evolversi. Nel corso dell’audizione, infatti, Moles ha ipotizzato anche «l’informatizzazione delle edicole, anche con l’offerta di servizi aggiuntivi».
Su questo punto, nella nota di risposta ed apprezzamento della Fnsi (Federazione nazionale stampa italiana, il sindacato dei giornalisti), il segretario Raffaele Lorusso si è detto d’accordo con il sottosegretario: «La volontà di accompagnare il settore verso la transizione digitale è condivisibile e richiede interventi mirati per le aziende che investono in innovazione e, soprattutto, in buona occupazione. È necessaria un’accelerazione per tutelare i contenuti informativi dall’assalto senza regole dei giganti della rete. Occorre proteggere gli investimenti delle aziende e il lavoro dei giornalisti da chi ogni giorno ne sfrutta il prodotto per ricavarne profitti con la raccolta pubblicitaria e il traffico dei dati».
Per far spazio al ricambio generazionale necessario alla digitalizzazione, però, bisogna prima mettere a posto le cose in casa Inpgi, l’istituto di previdenza dei giornalisti che vive da tempo una grave crisi finanziaria. Lo ha messo in evidenza il deputato del gruppo Misto Emilio Carelli durante la commissione: «Se vogliamo garantire un turn over del settore, che rilanci l’Editoria con forze giovani, con competenze digitali, dobbiamo garantire anche serenità e certezze agli anziani che andranno in pensione», le parole di Carelli. Sul punto la Fnsi, con il segretario Lorusso, ha dichiarato: «La messa in sicurezza e la salvaguardia dell’Inpgi passa anche attraverso la lotta al lavoro irregolare. L’Istituto nazionale di previdenza dei giornalisti italiani non può continuare ad essere il terminale di stati di crisi o piani di ristrutturazione aziendali talvolta fittizi, ma resi possibili da norme di legge e decreti ministeriali eccessivamente permissivi».