Da qualche giorno è stato possibile tirare un sospiro di sollievo: dopo mesi di chiusura delle scuole, in cui le lezioni in presenza si sono trasformate in didattica a distanza, finalmente i bambini sono più o meno tornati tutti in aula. Ma tra una classe in quarantena e un professore contagiato, la presenza non sempre riesce ad essere costante. Senza considerare che restano ancora fuori dagli edifici scolastici i ragazzi delle medie e delle superiori, per i quali non c’è ancora una data certa di rientro in aula.
Trasferire la scuola a casa non è stato semplice per bambini e ragazzi, ma c’è un disagio di cui nessuno parla: il più delle volte, sono state le madri a doversi far carico delle lezioni a casa per seguire i figli, incarico che si è aggiunto alle incombenze delle mamme lavoratrici in smartworking. Come se la sono cavata? E soprattutto, dopo un anno di pandemia, lavorare da casa è un’opportunità o una difficoltà aggiuntiva?
F-Mag ha intervistato cinque donne con lavori differenti, madri di figli grandi e piccoli. Saranno loro a raccontare cosa vuol dire essere una madre lavoratrice ai tempi della Covid e della didattica a distanza. Vi presentiamo Georgia, imprenditrice, con un figlio di 6 anni; Daniela, PMO e Consulente ERP, con due bambini di 3 e 2 anni; Giovanna, impiegata, ha una figlia di 12 anni; Donatella, dipendente della PA e un figlio di 4 anni; Marina, consulente finanziario, due bambini di 4 e 2 anni.
Per il tipo di lavoro che svolgi, hai avuto la possibilità di lavorare in smartworking? Se sì, come sei riuscita a coniugare la giornata lavorativa con la DAD?
Georgia: “Durante i due mesi di lockdown totale nel 2020 ho parzialmente svolto la mi attività in smartworking. Mio figlio, che lo scorso anno frequentava la scuola materna, ha iniziato a svolgere delle attività in modalità DAD a partire dal mese di Aprile 2020 fino a giugno 2020. Fin dal primo giorno, coniugare le due cose non è risultato per nulla semplice. I bambini della fascia d’età 3-6 necessitano infatti di continua supervisione durante le lezioni a distanza. Ho spesso dovuto annullare o spostare impegni di lavoro per seguire mio figlio”.
Daniela: “Ho avuto la possibilità di lavorare in smartworking. Avendo bambini piccoli la difficoltà maggiore è stata conciliare lavoro in smartworking con vita da mamma h24. Mi sono organizzata con sveglie mattutine molto presto per poter gestire\organizzare il lavoro della giornata. Ho gestito lo smartworking nei tempi di riposo dei miei figli. In più, ho modificato l’organizzazione familiare: io e mia cognata, che vive vicino casa e lavora come libero professionista, abbiamo deciso di avvalerci dell’aiuto di nonna e zia e lasciare che i nostri bambini, che hanno tutti la stessa età, stessero insieme durante il periodo in cui le scuole sono state chiuse… in maniera tale da poter andare a lavoro in ufficio almeno due volte a settimana e poter organizzare videocall con i clienti. Ho cercato di fare seguire la DaD a mio figlio almeno 3 volte a settimana anche se è stata dura tenere concentrato un bambino di 3 anni mentre cuginette e sorellina magari giocavano e lo distraevano… ma ce l’abbiamo fatta!“
Giovanna: “Si, lavoro ancora in smartworking anche se almeno due volte a settimana vado in ufficio. Mia figlia dopo un disagio iniziale, soprattutto per la mancanza di copertura di linea internet o per la poca dimestichezza di alcuni docenti, è riuscita ad abituarsi agli strumenti e alle metodologie”.
Donatella: “Si ho potuto lavorare in smartworking due giorni a settimana e avendo un’ampia flessibilità per lo svolgimento della giornata lavorativa dalle 7.30 alle 20 ho potuto gestire la dad di mio figlio che nonostante sia all’asilo è stata molto intensa come orario. Negli altri giorni ci pensava il papà anche lui in smartworking ma con un unico rientro in presenza”.
Marina: “Non sono riuscita a lavorare in smartworking, quando ero a casa i bimbi imponevano, giustamente, che facessi la mamma. Non sono mai riuscita a coniugare la DAD con mia figlia di 4 anni, sono sempre stata contraria a far stare i bimbi davanti a pc, telefoni o televisori per un tempo prolungato”.
Quali sono stati i lati negativi? E quelli positivi?
Georgia: “I lati negativi sono stati legati soprattutto al grande stress e frustrazione da parte mia e di mio figlio. E, d’altra parte, l’impossibilità di offrire i consueti standard di custode care ai miei clienti perché ho spesso dovuto spostare incontri già programmati. Nella mia esperienza non ci sono stati lati positivi”.
Daniela:“In smartworking soprattutto all’inizio ho sofferto di alienazione, essendo il mio un lavoro ad “alto contatto” sia intra che extra muros. La cosa positiva è stata avvalersi continuamente e per necessità di tutta una serie di strumenti digitali e tecnologici poco utilizzati fino ad ora, che invece permettono interazioni immediate con il team di lavoro e con il cliente. Sarebbe buona abitudine mantenere questo tipo di modalità di “incontro” in futuro laddove ci sia un vantaggio”.
Giovanna:”Sicuramente conciliare maggiormente lavoro e vita familiare è stata un’opportunità per riflettere su un nuovo stile di vita, come l’incentivo ad utilizzare nuovi strumenti tecnologici e metodologie innovative per il lavoro e per la didattica unitamente all’impatto positivo sull’ambiente e sul traffico. Uno dei lati critici è stata l’incapacità a staccare la spina e ad esercitare il diritto alla disconnessione, come la resistenza culturale per l’organizzazione del lavoro a distanza che ha rappresentato sicuramente non pochi ostacoli nella fase iniziale. Altro fattore negativo è rappresentato dalla mancanza di relazioni soprattutto per i giovani e i ragazzi che si sono visti privati di esperienze fondamentali per la loro crescita identitaria”.
Donatella: “Positivo godermi mio figlio come non mai….l’ho avvertito come un vero regalo quest’anno esclusivamente sotto questo punto di vista, negativi tanti nessuna interruzione mentale e fisica tra l’essere mamma, lavoratrice, casalinga, maestra…. un grosso stress psicologico con una giornata lavorativa in lavoro agile che praticamente non finiva mai”.
Marina: “I lati negativi di non aver potuto praticare lo smartworking sono sicuramente legati al fatto che ho dovuto lasciare i miei figli con la babysitter, la ricerca di una persona adatta a tenere due bimbi piccoli è stata molto stressante. Anche la gestione è stata difficile perché è impegnativo per i bambini stare dalle 8 alle 18 in casa senza poter uscire con una persona sconosciuta alla quale, pur volendo, non avrei anche potuto richiedere di far fare la Dad alla bimba più grande. Inoltre questa volta non c’è stata la collaborazione dello Stato per il sostegno alla spesa. I lati positivi sono sicuramente che siamo tornati prima a casa per accudirli, ma utilizzando giorni e ore di ferie perché, soprattutto con bimbi così piccoli, quando sei a casa non puoi che fare la mamma”.
Come è cambiato il tuo modo di lavorare? Senti di aver rinunciato a qualcosa in termini lavorativi?
Georgia: “Ho dovuto rinunciare a dei nuovi corsi di formazione in partenza perché non potevo prendere un impegno fisso. Gli orari della DAD non erano infatti fissi ma spesso venivano modificati dalla scuola di settimana in settimana. Questo ha comportato una perdita economica ed ha anche avvantaggiato dei miei eventuali concorrenti”.
Daniela: “Il mio modo di lavorare è qualitativamente migliorato nel senso che l’adattamento al nuovo tipo di vita mi ha permesso di conseguire dei vantaggi. Svegliandomi presto riesco ad organizzare i progetti di cui mi occupo e le risorse che gestisco prima della giornata lavorativa degli altri ottimizzando le tempistiche di tutti i soggetti coinvolti. Riesco oggi a stabilire meglio le priorità e organizzare meglio il lavoro. Sono riuscita ad “educare” i clienti ad attendere una risposta secondo le mie disponibilità. Non ho più tempi morti o pause lavorative, perché il tempo che non dedico al lavoro lo dedico alla mia famiglia, per cui ho ottimizzato i tempi di risposta anche per i lavori che prendo in carico. Riesco a gestire molto meglio stress e imprevisti. Di contro ho rinunciato a molto, seguo circa il 30% dei progetti che seguivo prima della pandemia, con tutto quello che ne consegue in termini di ruolo ed economici”.
Giovanna: “Ho dovuto ripensare a nuovi modelli organizzativi e a promuovere strumenti tecnologici e metodologie innovative per la condivisione dei processi interni all’organizzazione che dirigo. Sicuramente ho rinunciato a tante relazioni interpersonali”.
Donatella: “Per il tipo di lavoro che svolgo lo smartworking non é stato proprio l’ideale, gestire il personale da remoto è stato difficile ma ci siamo reinventati in tanti modi. Io ho cercato soprattutto di continuare ad essere un punto di riferimento per i miei collaboratori nonostante la distanza fisica e spero di esserci riuscita. Bisogna ringraziare la tecnologia per questo”.
Marina: “Sicuramente il tempo dedicato al lavoro è diminuito, soprattutto il pensiero è rivolto alla casa e ai bimbi che non stando in una struttura scolastica passano il tempo in casa e quindi gli oneri domestici sono aumentati”.
Torneresti all’organizzazione della vita familiare precedente alla pandemia? Perché?
Georgia: “Sicuramente tornerei alla mia vita pre-pandemia. Perché quella era la MIA vita, quella che mi ero costruita. Avevamo, a mio avviso, raggiunto un ottimo equilibrio tra lavoro e vita privata. Riuscivo a coniugare gli impegni lavorativi e quelli familiari riuscendo a passare anche del tempo con mio figlio ogni giorno”.
Daniela: “No perché mi sento molto più organizzata adesso”.
Giovanna: “Forse no. Perché se riuscissimo ad attuare un cambio culturale e tecnico-organizzativo i benefici sarebbero per la mia famiglia, per l’ambiente e per il benessere delle nostre comunità”.
Donatella: “Tornerei sicuramente alla vita prima della pandemia…si eravamo molto stressati correvamo sempre perché incastravamo mille attività nella stessa giornata, ma vivevamo a pieno… il mio bambino andava in piscina, alle feste e io trovavo comunque tra un impegno ed un altro il modo di stare con lui e vederlo felice gioioso per gli amichetti e i cuginetti incontrati per la gita o il pranzo in famiglia”.
Marina: “Assolutamente si. La famiglia è più serena, ognuno ha i suoi obiettivi nella giornata, stano a casa tutto il giorno si è poco motivati e stimolati. Oltretutto quello che prima spendevamo per lo svago famigliare (gite fuori porta, ristoranti, parchi divertimento etc) adesso è dedicato interamente alla babysitter”.
Sono cambiati i rapporti e l’organizzazione della quotidianità nel tuo nucleo familiare?
Georgia: “Durante i mesi di DAD e di smartworking tutti i rapporti sono stati messi a dura prova perché ci circondava un senso di grande smarrimento e frustrazione. Mio marito ha continuato a lavorare normalmente mentre io e mio figlio eravamo costretti agli “arresti domiciliari” con tutte le conseguenze del caso. Il bambino non accettava di buon grado la DAD e quindi era molto difficili coinvolgerlo nelle attività che gli venivano proposte. Il mio lavoro era molto rallentato ma non riuscivo, perché dovevo seguire il bambino, a seguire in maniera ottimale anche eventuali nuove commesse”.
Daniela: “Si sono cambiati, primo su tutti il mio compagno ha dovuto lavorare molto di più per permettere a me di occuparmi dei figli per cui è spesso assente anche nel weekend fino a sera”.
Giovanna: “Sicuramente riesco a vedere e godermi mia figlia di più durante le pause di studio o di lavoro quando sono a casa ed è un fatto positivo”.
Donatella: “La pandemia ha impattato tantissimo sulla vita familiare, sono saltati tanti equilibri con la condivisione dello stesso spazio per il lavoro e la vita privata”.
Marina: “Assolutamente si. L’organizzazione è diventata più complessa e piena di impegni domestici, dalla pulizia alla spesa. Soprattutto la spesa è diventata un incubo! La quantità di cibo acquistata è diventata il doppio rispetto a prima. E anche la sistemazione della casa è diventata più onerosa, oltre che al coinvolgimento in tutte le dinamiche della giornata che prima erano di gestione della scuola e che adesso invece coinvolgono noi genitori”.
Di quali misure del Governo in favore della famiglia (es. bonus babysitter, congedi parentali) hai usufruito nel corso della pandemia? Cosa andrebbe incentivato secondo te o come lo Stato potrebbe aiutare maggiormente le donne lavoratrici?
Georgia e Daniela non hanno usufruito di alcuna misura, ma Daniela pensa che garantire asili nidi per ogni mamma, lavoratrice e non, potrebbe aiutare.
Giovanna: “Non sono riuscita a perfezionare la mia domanda di babysitter per questioni tecniche. Sicuramente un aiuto potrebbero essere gli incentivi per il tutoraggio ai ragazzi e per l’acquisto di strumenti tecnici e tecnologici per conciliare meglio il lavoro a casa”.
Donatella: “Io non ho usufruito di alcun bonus in quanto come dipendente pubblica sono già privilegiata avendo a disposizione molti istituti contrattuali a favore della maternità. Di contro l’essere un funzionario pubblico mi ha sempre costretto ai rientri in presenza per il presidio delle attività essenziali anche durante il primo super lockdown”.
Marina: “Nel primo lockdown del bonus babysitter”
In generale, come pensi si possa migliorare l’organizzazione della giornata lavorativa?
Georgia: “I bambini in Italia dovrebbero semplicemente andare a scuola come hanno fatto in tutto il resto del mondo. La DAD non è compatibile con alcune fasce d’età”.
Daniela: “Lavorando con più autonomia e soprattutto per obiettivi a breve termine indipendentemente dal luogo in cui si svolge il proprio lavoro”.
Giovanna: “Lavorando sulle metodologie condivise e sui processi innovativi riflettendo sulle criticità per migliorare la qualità aziendale e incentivando il welfare aziendale”.
Donatella: “Credo che lo smartworking sia la svolta per l’organizzazione della giornata lavorativa al fine di coniugare vita privata e lavoro ma credo che almeno nella pubblica amministrazione vada regolamentato meglio, ora siamo in un regime di lavoro agile” emergenziale”. Oltretutto lavorare in smart con i figli a scuola è altro rispetto a farlo mentre sei con loro e devi badarvi. Quindi auspico un intervento legislativo appropriato soprattutto a favore delle donne lavoratrici che ci permetta magari di continuare ad usufruire dello smart ma sempre in maniera limitata a due/tre giorni a settimana perché credo che relazionarsi con i colleghi e con i propri capi sia fondamentale”.
Marina: “Aumentando i servizi alle famiglie nel territorio. Non basta stanziare i soldi (che sicuramente sono importanti)… le famiglie hanno bisogno di servizi. Dagli asili nido pubblici che abbiamo una capienza sufficiente ad accogliere i bimbi nel territorio senza dover ricorrere sempre al privato, ad orari delle scuole pubbliche che siano compatibili con una giornata lavorativa, a parchi adeguatamente attrezzati con giochi non fatiscenti possibilmente anche con un’area coperta in modo da garantire lo svago anche nelle giornate fredde, alla possibilità di inquadrare le giornate lavorative delle babysitter senza che questo diventi difficile o inapplicabile a chi fa questo come secondo lavoro, a chiedere alle aziende private di avere degli orari e delle flessibilità più family friendly”.
Come pensi si possano migliorare le misure in favore delle donne per la parità di genere?
Georgia: “La società, nel mondo moderno, è ancora prevalentemente maschilista. Molto spesso le donne hanno salari più bassi, contratti meno sicuri, sono penalizzate se non licenziate se scelgono di avere figli, sono in generale considerate “inferiori” agli uomini. E’ triste, ma è così! Quello che i governi, di qualsiasi bandiera politica, cercano di fare risulta sempre poco perché, a mio avviso è la mentalità alla base delle decisioni che andrebbe cambiata. Solo quando gli uomini verranno realmente educati, sin da bambini, alla parità di genere riusciremo ad avere riforme che realmente tutelano le lavoratrici”.
Daniela: “Questa pandemia mi ha insegnato che non esiste una parità di genere per le donne che scelgono di essere madri. Bisognerebbe patire dai servizi basilari che offre un paese civile alle famiglie e cioè buoni asili nido comunali e vere misure a sostegno dell’infanzia che inevitabilmente migliorerebbero la vita dei genitori lavoratori e non”.
Giovanna: “Attuando politiche di conciliazione”.
Donatella: “La parità di genere la si fa con politiche mirate a sgretolare condotte e comportamenti che non consentono ancora oggi che le donne abbiano le stesse opportunità degli uomini. Se pensiamo che in quest’anno sono state più donne a perdere il lavoro a causa della crisi e che i ruoli manageriali continuano ad essere attribuiti maggiormente agli uomini ci rendiamo conto che in Italia siamo davvero lontani. Comunque aumentare ed efficientare i servizi pubblici dedicati all’infanzia e ai giovani aiuterebbe molto”.
Marina: “Non so è una domanda complessa, chiedere più coinvolgimento ai papà credo che oggi rappresenti più una nostra scelta che una negazione del papà, noi mamme siamo ancora molto legate alla nostra figura e difficilmente la abbandoniamo, magari diamo compiti e mansioni ai nostri partner ma siamo sempre noi a coordinare il tutto e credo che questo sia una nostra scelta forse legata ad un modello culturale”.