Silvia Wang è un nome che nel mondo delle startup è diventato una garanzia di successo: la giovane imprenditrice, co-fondatrice nel 2015 di ProntoPro (il marketplace che connette professionisti di vari settori con la richiesta di servizi) e già premio Gamma Donna nel 2018, affronta quest’anno una nuovissima sfida: parliamo di Serenis.it, il portale dedicato alla digital health che offre – a prezzi calmierati – la possibilità di accedere ad un programma di supporto psicologico con psicologi certificati.
Una rivoluzione sensibile nel mondo delle startup, dove l’innovazione è data non tanto dalla componente tecnologica quanto dal valore umano. Silvia Wang ha deciso di abbracciare una visione human centric, cercando di dare una risposta ad un problema molto sentito soprattutto nel corso della congiuntura pandemica: quello di poter accedere, contrastando ogni stigma sociale e concettuale e utilizzando la tecnologia come mezzo per avvicinarsi alle persone, al mondo del benessere psicofisico che – tante volte -passa anche per la psicoterapia.
I dati forniti dal Consiglio nazionale dell’Ordine degli Psicologi parlano chiaro: il Covid e le sue conseguenze sociali, economiche e culturali hanno peggiorato la salute mentale delle persone. Se prima della pandemia erano “solo” 17 milioni gli italiani che si rivolgevano al supporto psicologico, nell’ultimo anno la domanda è cresciuta almeno del 40%.
Insomma, se è vero che abbiamo tutti bisogno di una mano per affrontare le difficoltà di una vita sempre più complessa e le sfide che attanagliano la quotidianità, Silvia Wang è riuscita a renderla accessibile a portata di clic.
Silvia Wang, come è nata Serenis?
“Serenis inizialmente voleva essere un side project, un progetto che fai per passione, nel tempo libero. Poi è capitato che a gennaio ho fatto l’exit dalla mia azienda (ProntoPro, ndr) e avevo molto tempo libero: per il Covid non si poteva viaggiare, non si poteva far nulla… mi son detta: questo tema mi appassiona, mi ci dedico anima e corpo. Ho così scoperto che è un mondo vastissimo e ancora poco servito. Anche grazie all’esperienza di ProntoPro, dove c’erano anche psicologici, ho pensato di poter contribuire alla causa e avviare un’attività lavorativa vera e propria. E la cosa più bella per me è la fortuna di poter coniugare quello che ti interessa con un’attività lavorativa, è un dono, una cosa che pochi possono permettersi”.
Un dono che però ha deciso di mettere a disposizione degli altri… in pochissimo tempo
“Si, il progetto vero e proprio è nato a maggio, a settembre abbiamo lanciato, i mesi effettivi di lavoro sono tre. Ma lavorare tutti i giorni pensando a come poter contribuire ad una missione più ampia è quello che poi ti stimola, ti rende felice, ti dà la forza per affrontare tutte le sfide grandi e piccole di una startup. E sono consapevole di non poter fare scelta migliore. Ci tengo tanto a ribadire che non è un’azienda nata perché è un’idea innovativa o ha un programma di business particolare, ma nasce da un’esigenza personale e questo cambia le cose”.
In che senso?
“Ciò che guida le decisioni aziendali è alla base di Serenis: noi abbiamo una missione molto forte, che è quella di rendere accessibile il percorso psicologico. E questa è una missione che guida tutte le nostre scelte aziendali e per noi fa la differenza. Tutto nella startup – dalla comunicazione all’organizzazione interna – nasce per rispecchiare questa missione”.
Qual è la vostra mission?
“In primis l’accessibilità. Accessibilità vuol dire tante cose, per noi sono tre: in particolare superare lo stigma che c’è attorno al percorso psicoterapeutico, superare la barriera economica ma anche indirizzare le persone verso una soluzione che sia più vicina alle loro esigenze ma che sia di qualità. Anche io non sapevo dove andare, a chi rivolgermi, perché è un percorso difficile e non lineare: ci sono più di 200 scuole, moltissime figure, quindi questo è spesso un ostacolo. E poi c’è l’aspetto legato al risultato: lo psicologo non è un prodotto che puoi valutare, non c’è un nero o bianco; quindi, è molto difficile trovare la persona adatta a sé. Quindi in Serenis lavoriamo su questi tre principi: superare lo stigma e la paura di andare dallo psicologo, il prezzo perché in media costa 60-80 euro una seduta dallo psicologo, qualità perché abbiamo solo professionisti certificati (psicoterapeuti) che superano un processo di selezione a numero chiuso vagliato da un medical advisory board”.
È quindi riuscita ad introdurre il concetto di impatto sociale all’interno del mondo delle startup: nelle logiche di mercato si pensa spesso al business o all’innovazione, alla tecnologia…
“Siamo differenti perché siamo uno dei pochissimi player che adotta queste policy (dettate dalla nostra missione): prezzo più basso per poter dare a più persone la possibilità di accedere al benessere mentale; tutti i nostri terapeuti si uniscono a noi non solo per il guadagno ma soprattutto perchè, come noi, vogliono aiutare una popolazione più ampia. Non allinearsi è una scelta di visione, di voler arrivare a quante più persone è possibile. Sullo stigma, lavoriamo molto sulla sensibilizzazione, anche se per i principi del business può essere una perdita di soldi ma noi abbiamo sposato la causa e ci crediamo. E poi la qualità: aver solo psicoterapeuti formati, che passano un processo di selezione esterno, a più step, con un Medical Advisory Board che ci segue nei processi per noi è un plus, anche se rappresenta un costo”.
Ma lei ha preso la tecnologia e l’ha spostata nella sfera emotiva e sentimentale delle persone: una scelta diversa, sensibile e dirompente nel panorama odierno. Ma come mai dopo ProntoPro ha deciso di dedicarsi ad altro?
“Mi piace pensare che sia una sensibilità molto femminile: ho lavorato in altre aziende e le donne tengono veramente di più a questo aspetto. ProntoPro è stata un po’ come il primo figlio, dove impari tanto ma fai anche tantissimi errori. Ho quindi scelto, non facilmente, di andar via quando sentivo di avere visioni differenti. Lavoro e ho piacere a lavorare quando riesco a trovare passione e soddisfazione in ciò che faccio, che deve rispettare ciò in cui credo: non è stato facile, ma ho voluto trovare qualcosa che si avvicinasse di più ai miei valori”.
Lei è un sinonimo di successo: da giovanissima, due startup all’attivo, un riconoscimento come imprenditrice dell’anno. Che consiglio sentirebbe di dare alle donne, giovani o meno giovani, per essere “donne di successo”?
“(Silvia Wang mi ringrazia e ride di cuore, ndr) In realtà, ci sto ancora lavorando! Sono ancora startup, non aziende, ma per me il successo più grande vuol dire essere appagate. Vedo tante ragazze e donne che vogliono fare qualcosa di proprio perché non sono più felici di quello che è il loro lavoro attuale. Quello che consiglio è di scegliere di fare quello che rende appagate: fondare una startup non è semplice, l’80% delle volte va male, richiede tanti sacrifici; quindi, lo fai non perché pensi che sarà un’azienda di successo ma perché ti appaga ed è già una vittoria fare quello in cui credi, che ti appassiona, che sposa i tuoi valori anche se alla fine il risultato economico potrebbe non arrivare. Ma questo vale anche per un cambio di lavoro, di colleghi, stile di vita e così via. Alle più giovani invece consiglio di lavorare in una startup: la velocità con cui cresci e apprendi è doppia rispetto ad un’azienda più strutturata. Io ho lavorato per tre anni in un incubatore, questo mi ha permesso poi di fondare la mia startup, ma non mi ha messo sempre al riparo dagli errori. Quindi, per essere imprenditrice, occorre formarsi sempre. Le esperienze che fai pagano sempre”.
Parliamo di work life balance, un principio che porta avanti da sempre e in cui crede molto: come si sposa con il mondo imprenditoriale?
“Il work life balance è un tema che mi è molto caro, ma non perché bisogna per forza trovare un equilibrio fra vita privata e lavoro, è una questione di scelte e di priorità. Quando ho fondato ProntoPro non c’era work life balance, era tutto work: avendola fondata con mio marito, anche a cena o a Natale si parlava di lavoro, perché fondare una startup è totalizzante, ma non mi pesava, era quello di cui avevo bisogno. Dopo ho avuto un figlio e ho dovuto “aggiustare” le cose: ecco, le mie priorità erano cambiate, dopo due anni di solo work mi sono organizzata in tal senso. Ho poi scoperto di essere incinta del secondo figlio quando ho fondato Serenis e l’ho lanciata il giorno in cui è nato: le priorità per me sono entrambe; quindi, mi sono organizzata per poter dare spazio alla famiglia e al lavoro, per far combaciare Serenis e il bambino senza dover rinunciare a nulla, ad esempio adottando una policy full remote. Ecco, queste sono scelte che si fanno per poter applicare il work life balance: le donne non devono rinunciare a niente, a meno che non siano loro a volerlo; come donna devi avere il potere e il diritto di decidere di giostrare le proprie priorità”.