La criptoguerra. Il ruolo delle criptovalute nel conflitto in Ucraina
Esistono dunque anche per queste monete digitali, proprio come per quelle fisiche, due facce. Da oggi nessuno potrà più ignorare questa tecnologia dovendo trovare, tutti, soprattutto i grandi player del settore, il metodo di rafforzarne gli aspetti positivi e, contemporaneamente, annullarne le pericolose caratteristiche negative.
C’è una criptoguerra – ossia, giocata sulle criptovalute – che si affianca alla guerra fisica nel conflitto fra Russia e Ucraina. Le guerre, infatti, come ogni mutamento di scenario internazionale, sono da sempre accompagnate da trasformazioni non solo geografiche, economiche e di potere, ma anche tecnologiche e comunicative. Nella storia ogni sconvolgimento del sistema globale è legato alla crescita e all’espansione di una tecnologia.
Le innovazioni tecnologiche di guerra
La rivolta dell’Onda Verde in Iran nel 2009, mostrò al mondo il potere di uno strumento come Twitter. Nelle primavere arabe il ruolo svolto dai social media ha trasformando delle proteste prettamente locali, al massimo regionali, in un evento globale.
La rete ha svolto un ruolo cruciale nella controinformazione durante la guerra in Iraq e in Afghanistan. Basti pensare ai casi “Afghanistan e Iraq war logs” messi in piedi da WikiLeaks. Ancor prima, con il movimento No Global che aveva un’intera sezione dedicata alla comunicazione e che attraverso i blog, forum e piattaforme di sharing video ha dato una visione inedita di un movimento di protesta.
La guerra nella patria delle criptovalute
Nella guerra che stiamo vivendo in questi mesi, la novità tecnologica è rappresentata delle criptovalute. L’Ucraina è il quarto Paese al mondo per indice di adozione delle criptovalute, dietro solo a Vietnam, India e Pakistan. Questo indice viene calcolato annualmente dal Chainalysis che mette insieme i dati sulla diffusione reale delle criptovalute per ogni paese nel mondo, depurandoli dalle distorsioni derivanti dalle speculazioni.
Chainalysis infatti per avere una misura oggettiva della diffusione delle monete digitali non tiene conto solo del mero volume totale delle transazioni ma riesce a far emergere lo scambio individuale e quindi l’utilizzo reale delle criptovalute più che gli scambi tra i grandi gruppi speculativi o istituzionali.
Il lato buono della moneta digitale
L’invasione russa dell’Ucraina rappresenta il primo grande evento internazionale con effetti profondi e immediati sui mercati finanziari da quando le criptovalute hanno iniziato ad essere parte di questo sistema. Questa tecnologia è dunque diventata parte fondamentale di questo nuovo e delicato scenario. Basti pensare ben 106 i milioni di dollari sono stati donati al governo ucraino in criptovalute.
La cifra supera i 90 milioni inizialmente stanziati dall’Unione Europea ed è frutto di una campagna messa in piedi dal ministero della transizione digitale dell’Ucraina che ha deciso di pubblicare sui canali istituzionali del governo un appello alle donazioni in cripto.
Un appello che è stato colto dai grandi player di questo mercato anche come un occasione per mostrare il “volto buono” di una tecnologia che da sempre ha destato tanto fascino, quanta preoccupazione, sia nell’opinione pubblica che nelle istituzioni finanziare nazionali e internazionali.
Il caso di Gavin Wood: tra solidarietà e pubblicità
Gavin Wood, cofondatore di Ethereum, piattaforma che ha la sua criptovaluta la Ether, seconda al mondo per capitalizzazione, con un tweet del 27 febbraio ha lanciato la sua proposta: «se postate un DOT Address, invierò personalmente 5 milioni di dollari». Promessa mantenuta. E infatti il primo marzo il governo ucraino, dal suo profilo Twitter istituzionale, ha voluto ringraziare Wood.
«Il popolo dell’Ucraina – si legge nel cinguettio ucraino – che sta combattendo per la libertà sarà per sempre grato a Gavin Wood per la generosa donazione di 5 milioni di dollari in Polkadot, come aveva promesso pubblicamente. Grazie da tutti gli ucraini che stanno lavorando per un futuro di pace».
Una storia di solidarietà disinteressata? Forse, ma c’è da segnalare che Gavin Wood ha lanciato il suo nuovo token, il Polkadot, che ha come obiettivo quello di scalzare o comunque di competere proprio con Ethereum. Il governo ucraino ha dunque dovuto aprire un Dot Address sulla piattaforma di Wood, come da lui richiesto nel primo tweet, per ricevere i soldi. Dunque, in questo caso, anche la donazione di 5 milioni può rappresentare il tentativo, da parte di Wood, di espansione del suo nuovo progetto e di aumentare gli scambi di Polkadot.
Come la Russia aggira le sanzioni con le criptovalute
Le criptovalute sono finite sotto l’attenzione dei governi di tutto l’occidente perché rappresentano uno strumento concreto in mano alla Russia per aggirare le sanzioni. Per una serie di motivi:
Trasferimenti esteri dei whale
Innanzitutto le criptovalute sono facilmente trasferibili all’estero ed è quasi impossibile intercettare e bloccare questi scambi. Questo è possibile rilevarlo dal fatto che ben 62 milioni di dollari, un dato di queste dimensioni non era mai stato registrato prima, sono stati trasferiti da whale russi, i portafogli di criptovalute che superano il milione, ad portafogli in altri stati. Milioni che potranno continuare a muoversi e che non saranno mai rintracciati.
Criptocrimine e riciclaggio
La Russia è il Pese con il maggior numero di servizi per il cybercrimine, questo ha sviluppato negli anni un sistema diffuso, efficiente e leggero che si occupa di riciclaggio attraverso le criptovalute. Esistono veri e proprie piattaforme multiservizi, rintracciabili nel darknet. La più grande è Hydra Market che opera solo in lingua russa e riesce a muovere enormi volumi di criptovalute derivanti dal cybercrmine.
Il Mining
Chi oggi ha fondi che non possono essere portati fuori dal Paese può iniziare un’attività di “mining” e cioè di estrazione di nuove monete. Un’operazione costosa ma che permette di trasformare enormi patrioti bloccati in criptovalute con la possibilità di spostarle con velocità ovunque al mondo. Questo è un fenomeno osservato già in Iran dove le sanzioni sono presenti già da decenni.
Il mining richiede ingenti quantità di risorse energetiche e in Russia, gli osservatori internazionali hanno osservato un aumento del consumo di elettricità per attività di mining a partire dal primo giorno di guerra.
Esistono dunque anche per queste monete digitali, proprio come per quelle fisiche, due facce. Da una parte sono un mezzo utile e veloce che sta aiutando il popolo ucraino che ha subito un’evasione, dall’altra è lo strumento più comodo ed efficiente per assicurare ai russi di aggirare le sanzioni.
Da oggi nessuno potrà più ignorare questa tecnologia dovendo trovare, tutti, soprattutto i grandi player del settore, il metodo di rafforzarne gli aspetti positivi e, contemporaneamente, annullarne le pericolose caratteristiche negative.