Secondo il Ministro alla transizione ecologica Roberto Cingolani l’Italia è al lavoro per rendersi indipendente dal gas russo: la fonte energetica principale per il nostro Paese, afferma il titolare del dicastero, sarà “rimpiazzata entro la seconda metà del 2024“.
L’Italia e il gas russo
Abbiamo già parlato nelle pagine di F-Mag della dipendenza italiana dal gas russo: nell’articolo, il collega Claudio Mazzone ha spiegato che
I dati della dipendenza italiana dal gas russo parlano chiaro. Innanzitutto bisogna partire da un dato che dimostra come l’Italia sia dipendente per il gas completamente da fornitori stranieri. Nel 2021 La produzione italiana di gas ha soddisfatto solo il 4% dei consumi, il restante 96%, ben 76 miliardi di metri cubi, è assicurato dai giacimenti di altri Paesi.
Il 40% del totale arriva dalla Russia, il 31% dall’Algeria, il 10% dell’ Azerbaijan, il 9% dal Qatar, il 4% dalla Libia, l’1% dagli USA, stessa percentuale dalla Nigeria e il restante 4% da altri Paesi. Ma la Russia non ci fornisce solo la quota maggiore di gas.
Il 25% delle risorse energetiche italiane arrivano da Mosca, e questo dato fa della Federazione Russa il primo Paese da cui l’Italia dipende per soddisfare il proprio consumo di fonti fossili. Ma è anche l’unico Paese da cui dipendiamo per tutte le fonti fossili, è, infatti, il primo fornitore nazionale di carbone e gas e il terzo di petrolio.
Al tempo stesso, sebbene l’Europa difficilmente possa fare a meno di importare il gas russo (l’Italia in particolare), anche la Russia potrebbe affrontare un crac economico e finanziario non indifferente se i Paesi dell’Eurozona smettessero di acquistare il gas. Ma, come si sa, la situazione è in evoluzione.
Recentemente, infatti, lo stesso Ministro Cingolani ha annunciato un accordo con l’Algeria per affrancarsi dal gas russo, che prevede una fornitura aggiuntiva di 9 miliardi di metri cubi. Il dato, però, risulta del tutto insufficiente se si pensa che ad oggi il Bel Paese importa dalla Russia circa 29 miliardi di metri cubi di gas.
La cosa certa, dunque, è che l’autonomia, italiana quanto europea, non sarà a breve termine.
La prospettiva italiana sul gas secondo Cingolani
“Possiamo dire che l’ammontare di gas e Gnl reperito mediante la campagna di diversificazione dei fornitori lanciata negli ultimi mesi è sufficiente a rimpiazzare i circa 29 mld di metri cubi di gas russo a partire dalla seconda metà del 2024″ ha spiegato Roberto Cingolani in una informativa urgente alla Camera sulle ulteriori iniziative per contrastare l’aumento dei costi dell’energia.
“Le nuove forniture richiederanno tempo per andare a regime pertanto nel breve termine, si parla soprattutto degli inverni 2022 e 2023, la riduzione della domanda complessiva di gas dovrà essere accompagnata da misure di contenimento della domanda la cui entità dipenderà anche dalla data della eventuale interruzione delle forniture russe.
L’interruzione immediata renderebbe critico il superamento dell’inverno prossimo in assenza di rilevamenti misura di contenimento della domanda. Una interruzione a fine 2022 garantirebbe il riempimento degli stoccaggi in concomitanza con la crescita delle nuove e diverse forniture internazionali”.
Inoltre, aggiunge il Ministro Cingolani, “l’accelerazione nello sviluppo delle fonti rinnovabili è un fattore fondamentale in quanto consente di ridurre la domanda complessiva di gas di circa 1 mld di metri cubi ogni 10 terawattora installati. In tutti gli scenari valutati, è di fondamentale importanza che il primo rigassificatore galleggiante entri in funzione entro l’inizio 2023″.
E nel frattempo?
“Il governo italiano – spiega Cingolani – ha proposto misure strutturali alla Commissione Ue che includono un price cap (un metodo di regolazione dei prezzi dei servizi pubblici, ndr) a livello europeo temporaneo sulle transazioni di gas naturale all’ingrosso. L’idea è quella di introdurre un tetto massimo al prezzo delle transizioni di gas naturale tra operatori in tutti i Paesi europei.
Siccome l’Europa rappresenta il più grande cliente del pianeta, si può permettere di pesare sul mercato. Il tetto potrebbe anche essere temporaneo, con revisioni regolari, potenzialmente indicizzato; introdurre un meccanismo di compensazione per compensare gli importatori dei potenziali scostamenti tra i prezzi di contratto e il price cap in particolare per il caso dell’Lng. Sarebbe utile accompagnare questa proposta con una regolazione dedicata”.
Ma cosa accadrebbe se fossero chiusi in questo momento i rubinetti del gas russo? Come riporta TGCOM 24, la risposta del ministro Cingolani è stata quanto mai netta:
“Se interrompessero ora il gas russo avremmo un serio problema con lo stoccaggio”.
Per raggiungere il 90% di stoccaggio per l’inverno 2022-23, secondo il Ministro, “sarebbero necessari circa 6 mesi, arriveremmo con gli stoccaggi pieni e potremmo affrontare il prossimo inverno e quelli successivi con una certa tranquillità”.
“Una interruzione immediata dell’export russo – aggiunge – renderebbe critico il superamento dell’inverno in assenza di rilevanti misure di contenimento della domanda che, ovviamente, sono previste”.