Anche i CdA nel mirino della parità di genere: al sesso meno rappresentato andrà il 40% dei posti
Il Parlamento Europeo ha adottato in via definitiva la nuova legislazione conosciuta come direttiva sulle donne nei consigli di amministrazione (Women on Boards) orientata alla parità di genere.
Un nuovo scossone che porta a riflettere sulla parità di genere arriva dall’Europa: entro il 2026 i consigli di amministrazione delle aziende con più di 250 dipendenti dovranno adeguarsi a quella che sarà la nuova normativa, che prevede il 40% degli incarichi (non esecutivi) al sesso meno rappresentato.
Nel 2021, solo il 30,6% dei membri dei C.d.A. delle maggiori società quotate in borsa nell’UE sono donne, con notevoli differenze tra i Paesi UE (si passa dal 45,3% della Francia all’8,5% di Cipro). Nonostante la rappresentazione nei consigli di amministrazione sia aumentata, nel 2022 meno di una grande società quotata nell’Unione Europea su dieci ha una donna presidente o amministratrice delegata
Parità di genere e CdA: cosa cambierà
A dieci anni dalla presentazione della proposta, il Parlamento Europeo ha adottato in via definitiva la nuova legislazione conosciuta come direttiva sulle donne nei consigli di amministrazione (Women on Boards) orientata alla parità di genere. L’obiettivo è quello di introdurre procedure di assunzione trasparenti nelle società in modo che, entro la fine di giugno 2026, il 40% dei posti di amministratore senza incarichi esecutivi e il 33% di tutti i posti di amministratore siano occupati dal sesso sottorappresentato.
Il merito rimarrà il criterio principale durante le procedure di selezione, che, secondo la nuova normativa, dovranno essere trasparenti. Le società quotate dovranno fornire annualmente informazioni sulla rappresentazione di genere nei loro C.d.A. alle autorità competenti e, se gli obiettivi non sono stati raggiunti, dovranno spiegare come intendono ottenerli. Tali informazioni saranno pubblicate sui siti delle società così da essere facilmente accessibili.
Si potrebbe leggere come una sorta di completamento della Uni PDR 125:2022 (introdotta in Italia dal precedente Governo Draghi), la certificazione della parità di genere intesa come uno degli obiettivi del PNRR nostrano nel quadro della priorità trasversale relativa alla parità di genere: supporta il rispetto dei requisiti normativi e favorisce la rendicontazione sulla situazione di impiego maschile e femminile che la Legge 162 di novembre 2021 (Legge Gribaudo) ha reso obbligatoria per tutte le aziende, pubbliche e private, con più di 50 dipendenti.
Tornando all’Europa, dunque, le piccole e medie imprese con meno di 250 dipendenti sono escluse dall’ambito di applicazione della direttiva. La risoluzione legislativa è stata adottata senza votazione, secondo la procedura legislativa ordinaria in seconda lettura.
Con l’approvazione formale dell’accordo da parte di Parlamento e Consiglio Europeo, la direttiva sulla parità di genere entrerà in vigore 20 giorni dopo la pubblicazione sulla Gazzetta ufficiale dell’Unione europea. Gli Stati membri dovranno recepire la normativa entro due anni, pena il pagamento di alcune sanzioni.
Le sanzioni
I Paesi dell’Eurozona dovranno mettere in atto delle misure sanzionatorie effettive, dissuasive e proporzionate, come ad esempio multe, per quelle aziende che non seguiranno procedure di nomina aperte e trasparenti. Gli organi giudiziari dovranno avere il potere di sciogliere i consigli di amministrazione selezionati dalle società qualora dovessero violare i principi della direttiva sulla parità di genere. Entro il 2026, dunque, potrebbe cambiare l’assetto societario di molte aziende.