Oltre 2mld di investimenti nelle startup italiane: la strada però è ancora in salita

"La nostra economia potrebbe decollare a tal punto da scalare anche la classifica dei paesi più industrializzati al mondo, con conseguente benessere sull’indotto, sul lavoro, sul sociale e, non ultimo, per le casse erariali”.

Iniziamo da un dato positivo: nel 2022 gli investimenti totali in equity di startup hi-tech italiane ammontano a oltre 2,1 miliardi di euro, un valore più che triplicato rispetto ai 694 milioni quantificati nel 2019.

Sono i dati che emergono dall’Osservatorio startup Hi-tech promosso dalla School of Management del Politecnico di Milano in collaborazione con InnovUp-Italian innovation & startup ecosystem. Un valore certamente importante che  peraltro a detta degli esperti, detiene ancora un grande potenziale di sviluppo.

“In un quadro macroeconomico di sempre maggiore incertezza e complessità, il digitale si conferma un asset imprescindibile per le imprese italiane, che prevedono di incrementare gli investimenti in ICT per il 2023 – afferma Alessandra Luksch, Direttore degli Osservatori Digital Transformation Academy e Startup Intelligence del Politecnico di Milano –. Imprese e startup sono al centro di importanti processi di transizione per definire la strada verso un futuro più sostenibile, sfruttando l’innovazione digitale come leva abilitatrice di nuove opportunità. Cresce in modo costante l’adozione di approcci collaborativi e di innovazione da parte di grandi imprese e PMI. Le startup si confermano protagoniste anche nella sfida per uno sviluppo sostenibile”.

Il “tesoro” delle startup non è ancora finito

Secondo i dati della ricerca, il 2022 segna un anno record per gli investimenti nelle startup italiane: a soli dodici mesi di distanza dal superamento della soglia simbolica del miliardo di euro arriva quindi il raddoppio, un risultato raggiunto nel decennale dello Startup Act del 2012.

E non solo: per il 2023 si stima un rialzo del 2,1% dei budget ICT delle imprese italiane, con il contributo delle aziende di tutte le dimensioni, comprese le PMI che segnano un aumento del 2,4%. Gli investimenti, per le grandi imprese, si concentreranno in particolare su Sistemi di Information Security (50% delle preferenze), Business Intelligence, Big Data e Analytics (46%) e Cloud (30%), seguiti da Software di profilazione e gestione dei contatti (CRM) e Software Gestionali (ERP)

“L’innovazione digitale rappresenta una leva fondamentale per affrontare con successo l’attuale periodo che richiede l’attuazione di importanti trasformazioni in uno scenario di possibile contrazione economica. Proprio in questo senso va letta la crescente diffusione e rilevanza economica delle iniziative di Open Innovation che possono oggi contare su un sempre più rapido sviluppo dell’ecosistema startup nazionale – ha spiegato Stefano Mainetti, Responsabile Scientifico dell’Osservatorio Startup Intelligence -.

Le startup hanno dimostrato nel corso degli ultimi anni, e in particolare nel periodo di pandemia, una forte capacità di resilienza e di risposta immediata al cambiamento. Le evidenze empiriche che emergono dalle nostre ricerche dimostrano come gran parte delle imprese di grandi dimensioni siano oggi capaci di avviare collaborazioni virtuose con le startup e che anche le PMI più lungimiranti si stanno pian piano avvicinando a questi attori”.

L’investor: i “soldi ci sono”, ma bisogna superare le diffidenze

Secondo gli esperti qualificati, siamo solo all’inizio:

Oltre due miliardi di investimenti totali in equity in startup hi-tech italiane sono un soddisfacente risultato soprattutto se, come ben evidenzia l’interessante ricerca del Politecnico di Milano, triplicano rispetto a due anni fa, però – commenta Giovanna Voltolina, riconosciuta investor a livello internazionale ed esperta del settore italiano – è un valore sottodimensionato di almeno 10 volte rispetto al potenziale di attrazione che la nostra economia deterrebbe soprattutto se alle start up abbinassimo le nostre PMI, che per dimensioni sono simili sono poco più grandi di una start”.

Se infatti sono si considerasse la quantità di PMI, un immane patrimonio di ingegno, laboriosità e capacità di sviluppare il prodotto, ad elevato potenziale presenti nel nostro paese, e non mi riferisco quindi solo alle aziende tech – specifica l’esperta – la nostra economia potrebbe decollare a tal punto da scalare anche la classifica dei paesi più industrializzati al mondo, con conseguente benessere sull’indotto, sul lavoro, sul sociale e, non ultimo, per le casse erariali”.

“Come recita il vecchio adagio del nostro settore i soldi ci sono, eccome – spiega  Giovanna Voltolina – ma spesso l’imprenditore non sa come accedervi e soprattutto, ed è questo è il gap culturale che dobbiamo superare con le nostre PMI – sottolinea l’investor – che rappresentano il 90% delle nostre aziende, teme che i fondi d’investimento possano poi ‘scippargli’ l’azienda, laddove invece gli equity partner, che non abbiano come obiettivo la mera speculazione – e sono tantissimi sul mercato internazionale – possono apportare valore in termini di governance, sostegno alla proprietà e sviluppo commerciale facendo decollare il business dell’azienda in maniera molto accelerata ed anche sostenibile”.

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