Come funzionerà il divieto di fumo in Italia?
Stretta sul fumo all'aperto, divieto e regolamentazione estesa anche alle sigarette elettroniche. Ecco cosa c'è nella bozza e cosa già accade all'estero.
Si va verso una stretta per i fumatori, ma quello che bisogna sottilineare in primis è che il divieto di fumo in Italia non è ancora arrivato. Quella che in queste ore è rimbalzata sui giornali e ha provocato addirittura spaccature nella maggioranza è una bozza che comunque era già ampiamente prevista e confermata dal Ministro della Salute Orazio Schillaci che non ha mai fatto mistero di voler portare avanti questa battaglia. E non sembra casuale nemmeno che capiti a vent’anni dalla legge Sirchia che attualmente regolamenta la vita dei fumatori italiani.
Tra il dire e il fare c’è di mezzo finanche Matteo Salvini che in queste ore ha twittato contro la bozza dello stesso Esecutivo a cui appartiene – da ex fumatore il Ministro delle infrastrutture e leader del Carroccio ha ritenuto necessario esprimersi a favore delle sigarette elettroniche sostenendo che la misura è “eccessiva”.
Sebbene l’argomento sia importante – certo – la stringente attualità forse imporrebbe di concentrarsi su altre questioni, o almeno mostrarsi compatti attorno a una misura di buon senso. Ma procediamo con ordine.
Lo scenario che ha portato al divieto di fumo
I numeri del fumo in Italia
I fumatori in Italia sono aumentati. Questo è il dato praticamente certo che ha spinto verso il prossimo divieto di fumo all’aperto. Vogliamo dire anche che la pandemia è stata complessa? Forse.
Secondo l’ISS, dopo una progressiva riduzione dei fumatori dal 33 al 22 percento della popolazione nell’arco di tempo che va dall’approvazione della legge Sirchia (2003) al 2020 (primo anno di pandemia da Covid-19), si è tornati in due anni al 24,2 percento. Quasi un italiano su quattro, insomma, fumerebbe: non si vedeva un dato simile nel nostro Paese dal 2006 (primo anno dopo l’entrata in vigore della legge Sirchia). Un Paese che – va detto – al tabacco deve molto in termini di economia.
L’impatto dei nuovi dispositivi per fumare (e-cig e prodotti a tabacco riscaldato)
Inevitabile che il dito sia puntato anche contro le alternative alle sigarette tradizionali che in questi anni hanno conquistato una non trascurabile fetta di mercato. In un dibattito che spesso si arena sulla mancanza di evidenze scientifiche o su una casistica ancora troppo giovane per valutare il reale impatto sulla salute sono in molti che hanno utilizzato i dispositivi come le sigarette elettroniche per smettere di fumare (o in realtà cambiare vizi e abitudini).
Sempre secondo i dati dell’Istituto Superiore di Sanità, circa un milione e duecentomila persone fumano (o meglio svapano) e-cig. Sono un milione e settecentomila invece (con una percentuale triplicata rispetto al 2019) quelli che sono passati a prodotti a tabacco riscaldato (che no, non prendono il nome del prodotto di maggiore consumo in tal senso che qualche testata facendo inconsapevole pubblicità gli ha assegnato).
Chi fuma elettronico ha smesso di fumare?
Forse sarebbe il caso di fare un distinguo anche idiomatici. Potremmo usare “fumare” quando ci accendiamo una classica bionda, “svapare” quando ci riferiamo a sigarette elettroniche (con o senza nicotina) e dovremmo inventarcene un altro ancora quando aspiriamo tabacco riscaldato. Resta però un dato, sempre secondo l’ISS: l’81,9 percento dei fumatori “elettronici” (più di uno su quattro) è da considerarsi duale. Cioè, non abbandona le sigarette classice. Al più, le affianca.
C’è chi si avvicina al fumo direttamente attraverso e-cig?
Bisogna anche sottolineare – sempre secondo l’articolato report ISS – che difficilmente ci si avvicina alla sigaretta elettronica se non si è passati prima per quella classica: del milione e oltre duecentomila svapatori in Italia solo il 2,8 percento non aveva mai fumato prima. Parliamo di non più di 35mila persone.
Il prossimo divieto di fumo in Italia
Sulla scorta di questi numeri e di un’attenzione mai nascosta del ministro Schillaci sul tema, arriva quindi la stretta sul fumo all’aperto in Italia. Una scelta applaudita anche da chi si batte da anni e ricorda l’impatto del fumo passivo come la Fondazione Veronesi che in queste ore ha ribadito:
Limitare le sigarette all’aperto non serve soltanto a limitare l’esposizione al fumo, ma è anche l’occasione per un cambiamento culturale. Estendere i divieti di fumo in aree pubbliche esterne non è che uno di una serie di interventi possibili, e necessari, parte di una strategia globale contro il tabagismo, in cui convergono la prevenzione dell’iniziazione, le politiche sui prezzi, la tutela dal fumo passivo e il supporto per chi vuole smettere di fumare.
Fondazione Umberto Veronesi
Lo stesso apprezzamento arriva dalle associazioni ambientaliste: da sempre mozziconi e tabacco sono nemici giurati del nostro Pianeta. Secondo Marevivo, nella sola Italia sono 14 miliardi i mozziconi abbandonati nell’ambiente in un anno. Per rendere l’idea, stimando in tre centimetri la lunghezza di un mozzicone, mettendo in fila tale quantità di mozziconi si arriverebbe a 420 milioni di chilometri di mozziconi abbandonati nella sola Italia. Una distanza tre volte superiore a quella della terra dal sole.
Ma cosa dice il divieto di fumo in Italia che arriverà a breve nelle stanze dei palazzi romani (in che forma non è ancora dato saperlo, così come le eventuali sanzioni che lo accompagneranno)?
- Divieto anche all’esterno dei locali: abbiamo da tempo accettato che non si possa più fumare nei luoghi chiusi, relegando tali scene in ristoranti e redazioni di film di un bel po’ di tempo fa. Ora la stretta dovrebbe includere anche gli spazi all’aperto dei locali. Insomma, non sarà più possibile scegliere il tavolo esterno di un ristorante solo per accendersi una sigaretta. E diremo anche che era il caso, visto che il buon senso e la cortesia lo imporrebbero di già.
- Divieto di fumo in Italia nei parchi e alle fermate degli autobus: stesso vincolo sarà imposto nelle aree di fermata di trasporto pubblico sebbene all’aperto.
- Divieto di fumo in presenza di bambini e donne in gravidanza: il divieto di fumo in Italia si estenderà in ogni luogo pubblico all’aperto in cui ci siano donne in stato di gravidanza e minori. In che misura bisognerà comprenderlo quando la bozza diverrà disegno di legge o di decreto legge.
- Divieto di fumo negli stadi? Alcuni stadi hanno le proprie regole. Altri no. L’Osservatorio nazionale sugli eventi sportivi già lo scorso anno si era fatto promotore di una misura univoca su tutto il territorio nazionale e per tutti gli eventi ma ha passato – d’obbligo – la palla al Viminale. La bozza dovrebbe (si auspica) estendersi anche alle manifestazioni sportive. E chissà come poi pensare di applicare tali limitazioni (ma siamo fiduciosi).
- Stop alla pubblicità per le sigarette elettroniche.
Lo stop alla pubblicità per le sigarette elettroniche e simili
È questo probabilmente uno degli aspetti di maggiore interesse. Il divieto di pubblicità per le sigarette classiche è stato introdotto a livello mondiale nel 2005 dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) attraverso la Convenzione quadro dell’OMS per il controllo del tabacco. Questa convenzione ha stabilito una serie di linee guida per i Paesi che desiderano adottare politiche più restrittive sul tabacco, compreso il divieto di pubblicità per le sigarette. In base a queste linee guida, molti Paesi hanno introdotto divieti nazionali sulla pubblicità delle sigarette. Si pensi anche a grandi organizzazioni come la FIA che nel 2016, in conformità con questa Convenzione, ha deciso di vietare la pubblicità del tabacco in tutte le gare di Formula Uno – quando era in realtà un tesoro in termini economici in mano alle multinazionali del tabacco.
Anche l’Italia ha accolto questa Convenzione e difatti il divieto di pubblicità per le sigarette è stato pienamente recepito nel nostro Paese. E difficilmente aggirabile (si pensi ai promoter nelle tabaccherie, se vi è mai capitato di incrociarne uno).
Di fatto, però, i prodotti da svapo e da tabacco riscaldato aggirano di per sé i vincoli imposti dallo Stato italiano. Ed è così che sui 6×3 o alle fermate dell’autobus sono iniziati a spuntare come funghi cartelloni pubblicitari di queste tipologie di sigarette alternative.
Una situazione paradossale che andava sicuramente attenzionata. Così, la bozza del divieto di fumo in Italia circolante in queste ore prevede l’equiparazione di questi prodotti alle sigarette tradizionali in termini di pubblicità.
L’Italia al pari degli altri Paesi
Quella che rappresenta una svolta attualmente discussa in realtà allinea l’Italia con diversi Paesi del mondo in cui il divieto di fumo all’aperto è già realtà. Il divieto di fumo in spiaggia e nei parchi pubblici, oltre che stadi e parchi per bambini, accomuna diversi Stati federali di Australia e USA. Stessa cosa vale per Regno Unito e Giappone. Vi sono città, inoltre, in cui esistono intere aree, perlopiù pedonali, che sono interdette al fumo (si veda Sidney, Melbourne, Londra, Manchester o le aree di Ginza e Yurakucho a Tokyo). I nostri cugini spagnoli hanno già delle regioni (Baleari e Catalogna) in cui un divieto simile a quello che vorrebbe introdurre l’Italia è reale. Provate ad accendere una sigaretta a un tavolino di un bar a Maiorca e vedete cosa accade!
E rispetto alle sigarette elettroniche?
Sulle sigarette elettroniche invece le situazioni sono varie e variegate. Ci sono dei Paesi, specialmente asiatici, in cui l’uso delle sigarette elettroniche è completamente vietato e chiunque venga sorpreso a utilizzarle rischia di essere multato o addirittura imprigionato (Thailandia su tutti, ma anche Cambogia e Vietnam per portare un esempio). Dubai ad esempio è passata da una chiusura a una semi-apertura solo in tempo estremamente recente.
Nei Paesi occidentali l’approccio varia da Paese a Paese e all’interno dello stesso Paese a seconda delle varie regioni e autonomie locali. Negli Stati Uniti ad esempio a livello centrale c’è una indicazione di massima di equiparazione tra e-cig e sigarette classiche. Stesso discorso in Regno Unito. In Francia le limitazioni che l’Italia intende introdurre a svapatori e fumatori di tabacco riscaldato sono già realtà.
Più in generale, l’Unione Europea con la Direttiva sulla tutela della salute pubblica contro gli effetti nocivi del consumo del tabacco e sulla prevenzione del tabagismo ha stabilito regole comuni sull’uso delle sigarette elettroniche in luoghi pubblici all’interno dell’UE. Ma l’interpretazione e l’applicazione di questa direttiva – che riguarda perlopiù gli ambienti chiusi – varia da Paese a Paese.