Sociale

Carcere per chi sceglie l’aborto, il Texas torna al 1925. E l’Italia?

Ripescando una legge di quasi un secolo fa, il Texas propone il carcere per chi sceglie l'interruzione di gravidanza, palesando così come la battaglia non è giuridica ma politica e ideologica. E in Italia qual è la situazione? Facciamo il punto grazie anche a Patrizia Gargiulo, della onlus Donne per il Sociale.

Ha fatto discutere la sentenza con cui la Corte Suprema del Texas ha “rimesso in vigore” una legge di quasi un secolo fa (1925) che vieta l’aborto e punisce chi sceglie la via dell’interruzione di gravidanza con la carcerazione. Un ulteriore tassello che sposta la questione del diritto all’aborto negli Stati Uniti in un caso più politico che “legalmente tecnico”, per chi avesse avuto dei dubbi nel merito di una scelta che è evidentemente schierata. Il provvedimento, in pratica, viene riabilitato proprio in queste ore dopo che era finito “in cantina” (miracoli dei modelli di common law) quando la Corte Suprema con la storica sentenza Roe v. Wade aveva di fatto legalizzato l’aborto negli Stati Uniti.

Questa legge del 1925 non era quindi più stata applicata dopo la sentenza del 1973 che di fatto aveva legalizzato l’interruzione volontaria di gravidanza. Salvo “ripescarla” proprio in queste ore in Texas (Stato storicamente conservatore e il primo – insieme al Missouri – ad aver “rivietato” l’aborto) dopo la discussa decisione della Corte suprema statunitense di fine mese scorso in cui chiarisce che “la Costituzione (americana, ndr) non riconosce l’aborto”. Una sentenza che ha innescato un dibattito globale sui diritti civili acquisiti in decenni di battaglie e di lotte: il timore è che l’ondata di revisionismo civile possa toccare altri Stati, anche il nostro.

Diritto all’aborto: la situazione italiana

Ricordiamo che in Italia grazie alla legge 194 del 22 maggio 1978 si consente alla donna, nei casi previsti, di poter ricorrere alla IVG (interruzione volontaria della gravidanza) in una struttura pubblica (ospedale o poliambulatorio convenzionato con la Regione di appartenenza). Una legge che gli italiani difesero alle urne nel 1981, con il 68% dei cittadini a favore dell’aborto. L’eco di quanto accade in America spaventa anche il nostro Paese?

Patrizia Gargiulo, presidentessa della onlus Donne per il Sociale, afferma: “Analizzando gli ultimi sviluppi internazionali, stiamo tornando indietro di 50 anni. Le donne devono essere libere di scegliere, perché all’origine di una decisione sempre sofferta vige una serie di motivazioni profonde e mai semplici”.

“Dobbiamo lavorare – continua – nel margine dell’informazione e prevenzione. Interrompere volontariamente una gravidanza segna sempre e comunque la vita di una donna e i fattori che concorrono, dall’aspetto economico a quello sociale e culturale, non posso essere ridotti da un divieto assoluto. Spingiamoci e lavoriamo sul sociale, invece di operare a discapito di quei diritti civili che sono diventati irrinunciabili”.

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Patrizia Gargiulo, presidentessa Donne per il Sociale onlus

La normativa vigente in Italia

Secondo la normativa vigente in Italia, la donna che intende interrompere la gravidanza deve rivolgersi a un consultorio o ad un centro per l’IVG. Il consultorio e la struttura socio-sanitaria dovranno garantire i necessari accertamenti medici, e hanno anche il compito di aiutare la donna a rimuovere le cause che la porterebbero all’interruzione della gravidanza.

Apprendendo i dati dichiarati dal Ministero della Salute, a seguito della Relazione annuale 2021 sull’attuazione della legge 194/1978, emerge che nel 2019 sono state effettuate un totale di 73.207 IVG (-4,1% rispetto al 2018), confermando la diminuzione costante.

Il tasso di abortività per il 2019 è pari a 5,8 IVG ogni 1000 donne (-2,7% rispetto al 2018), mentre per il 2020 è pari a 5,5 IVG ogni 1000 donne: il dato italiano rimane tra i più bassi a livello internazionale. Le diminuzioni più importanti si sono verificate tra le ragazze più giovani: il tasso di abortività tra le minorenni è risultato 2,3 IVG ogni 1000 donne; l’aborto farmacologico è in costante aumento (24,9 % dei casi rispetto al 20,8% del 2018).

A questo scenario bisogna aggiungere il problema degli obiettori di coscienza: in uno dei più recenti e emblematici studi, firmato Chiara Lalli, docente di Storia della Medicina all’Università La Sapienza, e Sonia Montegiove, informatica e giornalista, sostenuta dall’Associazione Luca Coscioni, si evidenziava (contestualmente ad un disperato appello ai ministri Speranza e Cartabia per i dati aperti) che in Italia ci sono “31 strutture con il 100% di obiettori, quasi 50 con il 90% e oltre 80 che superano l’80%”. Dati che, di fatto, vuol dire che in alcuni luoghi il diritto all’aborto in pratica non è un diritto garantito.

Affermando che ogni Stato deve contribuire all’acquisizione dei diritti civili più elementari, dovremmo partire dalla prevenzione piuttosto che dal divieto”, commenta Gargiulo. Che aggiunge: “Casi di violenza, mancanza di sostentamento economico, difficoltà psicologiche sono alcune delle motivazioni che spingono a una scelta ardua e complessa che segna nel corpo e nella mente. Sempre. Se solo consideriamo a quante ragazze sono morte nella pratica dell’aborto in strutture non sanitarie quando la legge non tutelava tale scelta, potremmo comprendere gli anni di lotta per la conquista di diritti in un Paese che si definisce ‘civile‘”.

“Un’educazione sessuale che venga impartita nelle scuole ci permette di formare le nuove generazioni al rispetto, occorre la giusta informazione sulla prevenzione sulla conoscenza del proprio corpo in primis”, conclude Gargiulo.

Rosa Alvino

Rosa Alvino, giornalista professionista e ufficio stampa per dedizione, scrittrice per passione. Umiltà, dovere e lealtà sono le sue parole chiave per una giusta crescita umana e lavorativa.

Enrico Parolisi

Giornalista, addetto stampa ed esperto di comunicazione digitale, si occupa di strategie integrate di comunicazione. Insegna giornalismo e nuovi media alla Scuola di Giornalismo dell'Università Suor Orsola Benincasa. Aspirante re dei pirati nel tempo libero.

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