Innovazione

Una rete 5G che sappia autogestirsi con l’IA: la ricerca dell’Università di Milano

Non sono più solo i nostri smartphone a collegarsi alla rete mobile, ma un insieme di dispositivi che compongono tutto quello che oggi è il cosiddetto IoT (Internet delle Cose). La sfida della connettività mobile non la si vince solo continuando ad aumentare il numero accanto alla G dei nostri device (ora siamo a 5G, domani chissà) ma dal saper gestire tale traffico, sapendo automatizzare priorità e ottimizzando i tempo.

Partendo da questo presupposto, l’Università degli Studi di Milano sta affrontando una sfida significativa nel trasformare la rete mobile 5G attuale in una rete auto-gestita, che posizioni dinamicamente i servizi per minimizzare i tempi di accesso e il consumo di energia, sfruttando l’intelligenza artificiale.

Il progetto, chiamato IDAN (Intent-driven autonomous network), è parte del secondo Spoke del progetto PNRR MUSA (Multilayered Urban Sustainability Action). Questo progetto, incentrato sui Big Data e Open Data per le Life Sciences, ha recentemente ottenuto il Premio Internazionale per l’Innovazione del TMForum di Copenhagen.

L’IDAN coinvolge una collaborazione tra l’Università di Milano e i principali operatori globali delle telecomunicazioni, tra cui TIM, Ericsson, Huawei, China Mobile e altri. Marco Anisetti, docente di Informatica, coordina la partecipazione dell’Università al progetto, che conta su un gruppo di ricercatori e docenti del Laboratorio SESAR – SEcure Service-oriented Architectures Research Lab del dipartimento di Informatica della Statale, diretto da Ernesto Damiani, professore della stessa materia.

Il progetto IDAN

Un aspetto critico nell’evoluzione della comunicazione e della trasmissione dati è la creazione di punti di accesso virtuali nella rete 5G. Oltre a dispositivi come smartphone, la rete deve ora servire una gamma più ampia di dispositivi attivabili in qualsiasi cella della rete cellulare 5G, come robot medici, droni, veicoli autonomi e strumenti di ricerca biomedica. Questi dispositivi richiedono punti di accesso per funzionare correttamente, mantenendo tempi di latenza accettabili.

Marco Anisetti spiega che “le infrastrutture innovative devono collegare non solo telefoni, ma una serie di nuovi dispositivi che richiedono continuamente punti di accesso alla rete”. Questi punti di accesso devono essere garantiti nel minor tempo possibile, soprattutto in contesti critici come la chirurgia robotica, dove è essenziale una risposta immediata.

I punti di accesso, situati sul bordo della rete (edge), forniscono servizi essenziali per il corretto funzionamento dei dispositivi, come il pre-trattamento dei dati, l’anonimizzazione, la protezione della privacy e la sicurezza da attacchi cibernetici.

Il progetto IDAN si propone di affrontare la sfida di rendere la rete 5G in grado di creare e posizionare autonomamente i punti d’accesso, seguendo gli spostamenti dei dispositivi. Si tratta di una rete multistrato a gestione autonoma basata su meccanismi di intelligenza artificiale, in grado di gestire conflitti tra le richieste provenienti da dispositivi diversi.

Il progetto ha già realizzato alcune soluzioni nel contesto del secondo Spoke di MUSA, finanziato dal Ministero dell’Università e della Ricerca nell’ambito del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR, Missione 4, componente 2, investimento 1.5). Questo Spoke si concentra sui Big Data e Open Data per le scienze della vita, lavorando allo sviluppo di tecnologie e processi per il trattamento di grandi quantità di dati sanitari e delle Scienze della Vita, al fine di migliorare il benessere e la salute della cittadinanza. Il coordinamento di questo Spoke è affidato ai professori Ernesto Damiani e Gian Vincenzo Zuccotti.

Redazione

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