Trasformazione digitale e formazione, la parola a Gaetano Manfredi
Il tema della trasformazione digitale non riguarda solo l’applicazione delle tecnologie ma comporta un cambiamento di mentalità radicale rispetto alle competenze: parola di Gaetano Manfredi, ex Ministro Università e Ricerca
L’imperativo è stare al passo con il processo di trasformazione digitale, economica, sociale, ambientale e tecnologica accelerato dalla pandemia. Per farlo è necessario mettere insieme formazione, competenza ed esperienza. In che direzione soffia il vento del cambiamento? Ce lo racconta l’ex ministro dell’Università e della Ricerca Gaetano Manfredi.
Inaugurata la seconda edizione della 5G Academy, quale approccio rispetto alla digital trasformation?
“E’ in atto un cambiamento epocale, il tema della transizione digitale, ambientale e sociale ci porta a dover modificare alcuni dei paradigmi a cui eravamo abituati per formare i giovani al meglio. Il tema della trasformazione digitale non riguarda solo l’applicazione delle tecnologie e comporta un cambiamento di mentalità radicale rispetto alle competenze che servono ad interpretare le trasformazioni che le tecnologie abilitanti comportano. L’obiettivo dell’Academy è quello di formare professionisti di alto livello.”.
In che modo cambia il percorso formativo?
“Uno dei punti cardine del cambiamento è la formazione più flessibile, capace di interpretare con maggiore rapidità i bisogni della società e del sistema imprenditoriale e produttivo. La formazione diventa interazione tra formazione curriculare ed extracurriculare ed esperienziale. Questo permette di mettere insieme percorsi di tipo tradizionale, che forniscono ai giovani tutti gli strumenti utili per imparare ad imparare, e la formazione esperienziale che è fondamentale per costruire le professionalità di cui avremo bisogno”.
Quali saranno le figure professionali più ricercate nel post pandemia?
“La pandemia è stata un acceleratore di trasformazione digitale che anziché avvenire in dieci anni è avvenuta in uno. Serviranno figure capaci di utilizzare in maniera avanzata nei domini applicativi, le figure digitali. Immaginiamo, per fare un esempio chiaro, che gli operatori sanitari saranno in grado di utilizzare contemporaneamente big data e intelligenza artificiale. L’Academy offrirà gli strumenti per combinare le competenze e applicarle al 5g. Dovremo combinare scienze umane e sociali con le cosiddette Stem perché i temi da affrontare nel futuro sono complessi e si avverte la necessità di coniugare e mettere insieme i diversi saperi. La formazione iniziale va affiancata a quella continua. Ciò significa mettere insieme neo laureati e professionisti affinché il percorso formativo venga esteso a tutta la vita”.
Si dice spesso che le competenze digitali specialistiche rappresentano il futuro. In che modo?
“In futuro le competenze saranno ancora più importanti. Le suddividiamo in tre livelli: le ultracompetenze specialistiche che alimentano le filiere di tecnologia di frontiera e dell’uso dei dati, le competenze di dominio poiché dovremo avere esperti in tutti i settori – economisti, medici e umanisti- in grado di maneggiare le tecnologie. Il terzo livello è quello delle competenze diffuse e su questo siamo indietro. Dobbiamo preparare i cittadini ad avere competenze digitali tali da consentirgli di utilizzare tutti i servizi che vengono messi a disposizione. Oggi è il 5g rappresenta la vera sfida per investimenti importanti. Il PNRR non è indirizzato alla sola costruzione di infrastrutture fisiche, ma alla costruzione dei servizi e degli utenti che devono gestirli”.
Adattarsi alle trasformazioni del mercato del lavoro. Le Università come si stanno organizzando per non restare indietro rispetto alle esigenze della generazione Z e arrivare pronte all’appuntamento con la generazione alpha?
“Credo che su questo si debba lavorare in contemporanea su due filoni per avere una formazione più flessibile e interdisciplinare. Una formazione che sia curriculare ed extra curriculare e una formazione di tipo esperienziale. I giovani di oggi sono nativi digitali e sono abituati a interagire velocemente utilizzando gli strumenti a disposizione, a loro va offerta una didattica nuova. Penso ad una didattica maggiormente interattiva”.
Spesso per cultura, le donne vengono spinte a intraprendere percorsi di studio umanistici. Come incentivarle ad approcciarsi alle discipline Stem per offrire loro maggiori sbocchi professionali?
“Credo che in questo il ruolo dei media sia fondamentale per abbandonare gli stereotipi. Nell’immaginario collettivo, ‘gli smanettoni’, i nerd sono uomini. Raramente si parla delle nerd donne, ma questi sono stereotipi sociali che vanno abbattuti fin dalle scuole medie quando ragazzi e ragazze iniziano a sognare il proprio futuro. Nel farlo partono dagli stereotipi sociali. Per esempio oggi molte donne sognano di fare medicina o ricerca, ancora poche pensano di approcciarsi alle materie Stem e ancora meno alle materie digitali. Questo è sbagliato e serve cambiare altrimenti rischiamo di sottrarre ad un settore strategico le competenze femminili e alle donne opportunità lavorative importanti. Serve accompagnare un cambio di rotta culturale alla costruzione dell’immagine di donne vincenti anche nel settore tecnologico e digitale”.