Interviste

A tu per tu con Filomena Lamberti: “Oltre le violenze c’è la vita che aspetta”

“Sai, ci sono tanti retroscena nella vita di una donna. Tante motivazioni che spesso non riesci a raccontare. Staccarsi dalla violenza non è facile e non perché non si voglia, ma perché ci sono tanti fattori che al momento sembrano ostacoli insormontabili"

Quella di Filomena Lamberti è la storia di una donna a cui il marito violento ha tolto molto, ma non tutto. Sfigurarle viso e corpo con dell’acido non gli è servito a spegnerne la voglia di vivere e di sorridere finalmente libera dall’incubo di una relazione in cui, per più di trent’anni di schiaffi e botte, l’amore non ha abitato la sua casa. Aveva sedici anni e credeva nel lieto fine Filomena quando ha incontrato Vittorio Giordano.

Ancora non sapeva che l’uomo che aveva scelto come padre dei suoi figli non era un principe azzurro, non era neanche un buon padre, non era nulla se non un mostro intenzionato a renderle la vita un inferno. L’inganno lo ha scoperto quasi subito, quando portava in grembo il primo di tre figli, quando i primi ceffoni hanno iniziato a marcarle il volto. Eppure è rimasta lì, con lui, nonostante tutto, nonostante il dolore emotivo oltre che fisico. Perché? A raccontarlo a F-Mag è proprio Filomena.

L’uomo di cui da ragazzina si è innamorata le ha segnato la vita oltre che il corpo, perché ha aspettato più di trent’anni per lasciarlo?

“Sai, ci sono tanti retroscena nella vita di una donna. Tante motivazioni che spesso non riesci a raccontare. Staccarsi dalla violenza non è facile e non perché non si voglia, ma perché ci sono tanti fattori che al momento sembrano ostacoli insormontabili. Innanzitutto quando si hanno dei bambini piccoli e manca l’indipendenza economica nessuno ti tende una mano e da sole non si va da nessuna parte. Il mio unico pensiero era, ed è stato sempre quello: i bambini diventeranno uomini, un giorno tutto questo finirà me ne andrò e sarò libera”.

E adesso si sente libera?

“Lo sono, vivo il mio quotidiano, la mia vita senza preoccuparmi del mio aspetto fisico. Quando ne ho voglia esco con le amiche, vado a mangiare una pizza con loro o a fare delle passeggiate. A 63 anni sono ritornata ad essere una persona solare”.

Lei non ha mai denunciato suo marito prima che la sfigurasse con l’acido, crede che per chi subisce violenze come è successo a lei convenga farlo?

“Denunciare non è facile, ci vuole coraggio per farlo. Per una donna accettare la fine di un matrimonio significa dover riconoscere un fallimento, ma questo non può e non deve frenarle, bisogna dire basta per se stesse e anche per chi di riflesso vive quella stessa violenza. Anche se ci sono dei figli piccoli è importante capire che è meglio che crescano lontane da un padre violento piuttosto che costringerli ad assistere alle botte. Meglio separarsi e affrontare le difficoltà che un divorzio può comportare evitando che i figli si trovino tra due fuochi. Evitando di raccontargli cattiverie, di dire che la madre è una poco di buono o che lo è il padre. Nessuno deve farsi scudo dei figli”.

Lei ha detto che è rimasta tanto tempo accanto a quell’uomo violento in attesa che i suoi figli diventassero grandi. Adesso che lo sono, cosa le dicono di quello che hanno vissuto e che le hanno visto subire? Ne parlate mai?

“No, non ne parliamo. Loro hanno vissuto con me tutto quello che è successo. Non penso sia giusto parlarne ancora e rinnovare il dolore e la tristezza. E’ giusto andare avanti e noi lo stiamo facendo. Pensiamo al futuro e alle cose belle che verranno”.

Col senno di poi pensa che se non avesse annunciato a quell’uomo di voler chiedere la separazione e se ne fosse andata e basta le cose sarebbero andate diversamente o pensa che lui avrebbe comunque trovato il modo di fargliela pagare sfigurandola?

“Intanto diciamo che quando un uomo non accetta la separazione, come nel mio caso, non è mai per amore, anzi è l’opposto. Un uomo che ama non fa soffrire né la madre dei suoi figli né i figli. Per quanto riguarda la separazione, l’avevo chiesta già nel 2011, un anno prima che mi sfigurasse, ma mio figlio mi disse che si sarebbe sposato e ho aspettato. Nonostante le minacce”.

Come la minacciava?

“Diceva che mi avrebbe fatto finire su una sedia a rotelle. Ma non ci credevo, pensavo che lo diceva per impaurirmi e non lo prendevo sul serio”.

Perché non gli credeva? Le aveva già dimostrato picchiandola costantemente di non farsi scrupoli…

“Io e i miei figli fino all’ultimo abbiamo provato ad aiutarlo, gli proponemmo di andare in analisi, ma lui rispose che lui stava bene e che ero io quella che ne aveva bisogno. Lui era come tutti quelli che hanno un problema di alcolismo o di droga, non riconosceva di avere un problema”.

Non si può dire che giustizia sia stata fatta poiché quell’uomo è in libertà. Saperlo come la fa sentire?

“Oggi mi evita, adesso è lui ad avere paura di me. Tre anni fa mio figlio subì un intervento molto pesante, e lui non venne in ospedale perché temeva che io chiamassi i carabinieri”.

Oggi Filomena come vive? Lavora?

“Sto svolgendo un tirocinio col progetto regionale Spazio donna, ma tra poco finisco. Percepisco una pensione di invalidità di 287 euro, mi hanno riconosciuto il 75% di invalidità”.

Eppure l’acido che le ha riversato addosso le ha creato tanti problemi fisici…

“Non vedo bene, soprattutto d’estate faccio fatica, ho un braccio più corto e altre difficoltà”.

In che modo Stato e Istituzioni dovrebbero sostenere lei e chi come lei è una sopravvissuta?

“Ben vengano le case d’accoglienza, ma se una donna non trova lavoro dopo i sei mesi di permanenza cosa fa? Credo che bisognerebbe metterle, metterci, nelle condizioni di essere indipendenti soprattutto quando si hanno figli minori. Per chi è sotto minaccia sarebbe opportuno pensare ad un sistema simile a quello che si utilizza per i collaboratori di giustizia. E poi si dovrebbero incentivare le aziende ad assumere le donne vittime di violenza attraverso agevolazioni”.

Sa che si sta promuovendo il reddito di libertà? Che ne pensa?

Devo approfondire meglio l’argomento, ma a primo acchito credo che i criteri di assegnazione non siano giusti e non tengano in considerazione elementi molto importanti”.

Le chiedo di augurarsi qualcosa di bello per il futuro. Cosa si augura per se stessa e per la sua felicità?

Una lunga vita stando bene, perché non voglio essere di peso a nessuno. Chiedo a Dio, quando sarà il momento, di farmi addormentare la sera e non farmi svegliare la mattina, senza altre sofferenze perché ne ho già vissute troppe”

Loredana Lerose

Giornalista pubblicista, laureata in sociologia. Di origine lucana, trapiantata a Napoli da più di vent'anni, appassionata di danza, teatro, letteratura e psicologia. Scrive per il quotidiano Cronache di Napoli dal 2009.

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